- Titolo: Natività del Battista
- Autore: Scuola emiliana
- Data: XVII secolo
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 243 x 146
- Provenienza: Ignota; in Galleria prima del 1852
- Inventario: GN 752
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il quadro si trova attualmente inventariato sotto il titolo di Adorazione dei pastori, genericamente attribuito a “Pittore emiliano del secolo XVII” (Inventario generale corrente).
Sulla base soprattutto delle misure è possibile identificarlo col n. 161 dell’Inventario del 1852, dove il dipinto è descritto come una Nascita della Vergine di incerta provenienza, “forse dalla chiesa del Quartiere”. E dev’essere questo cenno alla chiesa parmense di Santa Maria del Quartiere, dei Padri del Terz’Ordine Francescano, con la cupola dipinta da Pier Antonio Bernabei, a indurre un’attribuzione, ripetuta in fretta ed espressa in modo poco chiaro, al “Bernabei”. Un riferimento che, per quel poco che si conosce dei due Bernabei, Pier Antonio (1567-1630) e Alessandro (1580-1630), non sembra recuperabile. Altro del quadro non si sa: è sfuggito alla catalogazione di Corrado Ricci (1896), né ha dato esito la ricerca sulle guide cittadine per verificare la sospetta provenienza dalla chiesa del Quartiere.
La tela ha sofferto dei danni che il restauro del 1969 non è valso a rimediare del tutto: ci sono lacune di colore, il fondo è appiattito, scuro, fa specchio e si legge male.
Una precisazione però si può fare: la pala rappresenta la Natività del Battista. Nel cartiglio, sorretto dall’angelo che piove dall’alto, il nome “Ioanne Baptista” si individua con facilità.
L’episodio sacro si svolge dalle cinque figure in primo piano: la vecchia al centro che tiene in braccio il piccolo Giovanni appena nato, ai lati le due ancelle indaffarate a scaldare un panno al focolare e a sistemare un rotolo di fasce, subito dietro una giovane donna, sorridente al lieto evento, con un cestino di doni e il vecchio Zaccaria. Le sue grandi mani aperte e lo sguardo affissato sul neonato testimoniano la gioia stupita, quasi incredula. In alto l’angelo, messaggero del cielo, giunge con il cartiglio svolazzante a dare prova del piano divino di questa nascita miracolosa. Sul fondo, a destra, sotto un drappo sollevato si intravedono a fatica quattro figure femminili: Elisabetta distesa nel letto, assistita dalle donne.
L’osservazione dell’Inventario generale, che vuole il pittore della pala ispirato al Correggio, è superficiale e serve a poco. Sarà scaturita forse dal tenero, luminoso corpicino di Giovanni vicino al volto della vecchia, un po’ come nella Notte di Correggio il nodo d’affetto e di luce fra la Madonna e Gesù Bambino.
Ma nella pala di Parma è uno stratagemma retorico, un ricorso all’ossimoro infanzia-vecchiaia per sottolineare il prodigio della nascita, da una donna anziana. Nella vecchia c’è un’allusione, per analogia, a Elisabetta, che riposa in una stanza appartata della casa.
Può essere un indizio per riconoscere nell’artista degli schemi mentali ancora legati al concettoso immaginare della pittura manierista. Al tardo ’500 rinviano, in effetti, l’organizzazione dello spazio, il disporsi dei personaggi, l’esibizione dei gesti. È un mondo formale però che si va incrinando, manca al quadro una sintassi organica. Le figure sono pensate isolatamente, poi avvicinate per giustapposizione.
In primo piano le due ancelle sono di solida pittura, ben risaltate dal dibattito dell’ombra e della luce che ne scolpisce le forme. Il pittore, di buon talento, sembra voler aggiornare il suo linguaggio scegliendo la via di un robusto naturalismo: è un’eco di contrastate luci caravaggesche? del netto stagliarsi dei volumi di certi riformati toscani? del perentorio dibattito luce-ombra dello Schedoni? Per tentare di stringere in una geografia probabile il pittore della Natività del Battista può essere utile il vecchio Zaccaria. La sua testa calva, su cui si riflette una macchia di luce, rimanda a tanti vecchioni barbuti di scuola carraccesca, a quelli di Cavedoni, ad esempio. L’artista sarà forse un emiliano; la data di esecuzione potrà oscillare sul 1630, quando, accanto al sopravvivere della “maniera”, tante di quelle esperienze verso il naturale, cui si è accennato, si erano svolte.