- Titolo: Vergine incoronata
- Autore: Cristoforo Caselli, detto dei Temperelli
- Data: 1500-1510
- Tecnica: Mista su tavola
- Dimensioni: 42 x 34
- Provenienza: Ignota; già in Galleria dal 1875
- Inventario: GN459
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Arte a Parma 1300-1400
L’opera variamente intitolata Madonna orante e Vergine annunciata è in realtà un frammento di Incoronata, come si può dedurre da un’attenta osservazione diretta che lascia intravedere, in quello che il Quintavalle indicava “come cielo con le nubi di biacca rifatto”, un braccio e una corona, mimetizzati appunto da un pesante intervento che ha voluto, ingannevolmente, assicurare al quadro una precisa e finita autonomia, anziché sottolineare la frammentarietà che già non era sfuggita al Ricci e che sarà puntualizzata dalla Chiusa, che considera l’opera parte di una lunetta o, si potrebbe ipotizzare, anche di una pala centinata, date le proporzioni.
L’artista propone la Vergine con il capo reclino completamente coperto da un velo e dal sovrastante manto, prezioso nella tessitura e nel disegno a meandri tipico delle produzioni veneziane della seconda metà del ’400, con le mani incrociate sul petto secondo la più tradizionale iconografia adottata anche da Antonello nell’Annunciata di Monaco e più tardi dal Correggio nella sublime positura esperita nell’affresco dell’abside di San Giovanni, ora in Galleria. Il viso si inclina di tre quarti e sapienti ombreggiature sottolineano lo sguardo abbassato in un atteggiamento di riservata humilitas.
Non possiamo tratteggiare la consistenza dell’intera scena, ma dalla parte integra del frammento emerge una chiara ascendenza veneta che lo fa ritenere al Quintavalle in sintonia con la Madonna col Bambino e angeli del Kaiser Friedrick Museum di Berlino, assegnatagli dalla Sandberg Vavalà (1932, p. 201), del 1490 circa, anche se la datazione proposta più recentemente per il nostro dipinto è sul finire del primo decennio del ’500, quando l’artista rientra a Parma con probabile ricco taccuino di appunti. Nel prezioso manto, intessuto d’oro, il Caselli sembra tener conto della pala di Brera di Bartolomeo Montagna, già nella chiesa di San Michele a Vicenza, firmata e datata 1499 ma già ideata dal 1496, dove la Madonna è sontuosamente avvolta in un manto dalla tipologia analoga (Puppi 1962a, fig. 95), e dove non sfuggono spunti ferraresi dal Costa, che inducono a tener conto dell’intreccio continuo di elementi diversificati nella sua esperienza artistica.
Fra le opere recentemente riconosciute all’artista (Chiusa) troviamo assolutamente non pertinenti al suo fare né la Madonna con le sante Caterina e Rosa (inv. 448; Battaglia 1991, pp. 101-102) né la Madonna col Bambino (inv. 816; Attardi 1991, pp. 83-84) entrambe nel Museo Civico di Padova di cui è stata rigorosamente ricostruita la vicenda storica e attributiva, senza addivenire a forzate assegnazioni. La prima presenta un ductus interessante non riferibile al Temperelli, ma un seducente sguardo rivolto al Francia, la seconda si basa su un tracciato molto più modesto sia nella fisionomia che nei panneggi. Tornano a essere più confacenti al Caselli la cosiddetta “Madonna Volpe” (già Sotheby’s) e la Madonna col Bambino della collezione della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, le quali si avvalgono di una ricostruzione attributiva più convincente anche se non appare sicuramente facile ripristinare la mappa attendibile di una carriera artistica che, pur prolungatasi fino al 1521, presenta ancora molte difficoltà di riconoscimento per le opere non documentate e insidiosamente sottoposte al nostro vaglio.