Il giudizio concorde di tutti i curatori dei cataloghi della Galleria ha sempre avvicinato questo quadro a Jan Davidsz. de Heem, famosissimo specialista della “natura morta sontuosa”, dotato di qualità eccellenti sul piano tecnico e di gusto raffinatissimo.

La propensione per la composizione elaborata e asimmetrica, di ispirazione barocca, nella disposizione delle foglie e degli steli che sembrano debordare dal quadro, premendo contro un invisibile parapetto, aggiunta a una evidente esibizione del dettaglio illusionistico, accomunano il nostro quadro al resto della produzione di de Heem. Ciononostante una delle peculiarità intrinseche  dell’artista è la straordinaria vivacità dei toni di colore e la preferenza per la gamma dei rossi accesi, gli arancio e i gialli, mentre nel quadro in esame si ravvisa una generale intonazione fredda con una dominante blu azzurra. Tale particolarità indirizza verso Willem van Aelst, artista che sulla scia di de Heem privilegia composizioni elaborate e fortemente illusionistiche e introduce elementi preziosi anche da Wunderkammer (cfr. Pietrogiovanna 1997, pp. 310-311).

Forti legami si riscontrano nella Natura morta di fiori con orologio del Fine Arts Museum di San Francisco (cfr. Broos 1990, pp. 130-133) e nel quadro dello stesso soggetto conservato nel Maurithuis dell’Aja (cfr. Broos 1986, pp. 108-114) entrambi firmati e datati 1663. Le affinità con il dipinto in esame sono evidenti nella scelta compositiva, ma anche nella tipologia dei fiori, fino al vaso d’argento sbalzato, al ripiano marmoreo e al particolare orologio in cristallo di rocca trattenuto dal nastro azzurro. Il prezioso meccanismo di gusto francese sigla un gruppo di opere che includono anche una notevole tela comparsa recentemente nel mercato antiquario (cfr. Sotheby’s, New York, 11 gennaio 1996, n. 31) che contiene un’antica etichetta di un collezionista francese che rivendica la paternità del quadro a van Aelst che lo avrebbe eseguito nel 1658.

Willem van Aelst viaggiò in Francia e in Italia dove prestò servizio presso Cosimo III, granduca di Toscana e ritornò ad Amsterdam nel 1657. Questo gruppo di quadri apparterrebbero al periodo successivo al viaggio, un momento in cui l’artista sembra privilegiare l’esibizione di oggetti preziosi che contengono però una forte dominante simbolica: non a caso – come osserva Broos (1986, p. 110) – l’orologio allude al passare del tempo e alla vanità dell’esistenza, ribadita anche dalla parata di fiori e foglie che nel rigoglio presentano anche i segni della malattia.

Bibliografia
Inventario… 1851, n. 3;
Martini 1875, p. 23;
Pigorini 1887, p. 30;
Ricci 1896, p. 356;
Quintavalle A.O. 1939, p. 327;
Quintavalle 1948b, p. 136;
Fornari Schianchi, s.d. [ma 1983], p. 165;
Pietrogiovanna 1985-86, pp. 150-152;
Pietrogiovanna 1997, pp. 310-311
Mostre
Parma 1948
Scheda di Maria Pietrogiovanna, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.