• Titolo: Una carovana che pernottò in un’oasi e preparasi alla partenza
  • Autore: Alberto Pasini
  • Data: 1864
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 119 x 203
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti; donato dall’autore nel 1864
  • Inventario: Inv. 24
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Ottocento a Parma

Il dipinto eseguito da Alberto Pasini a Parigi nel 1864, come risulta dalla data apposta sulla tela, e donato all’Accademia di Belle Arti di Parma, raffigura “lo spuntare del sole in una vasta regione ne’ deserti orientali” della Persia, sulla strada che da Shiraz conduce a Isphan; “la scena è avvivata… da una Carovana che si dispone a riprender cammino” (Atti… 1864-1877, vol. VIII). In primo piano, infatti, dove si addensano ancora scure le ombre notturne, si affaccendano, tra i fuochi accesi del bivacco, uomini e animali, ai piedi di un altipiano che si alza in “strati geologici orizzontali” perdendosi in una lontananza sterminata, “chiuso in fine da una catena di monti violacei contro il cielo trasparentissimo che si inalba” (Ricci 1896, p. 171).

Il quadro suscitò nell’animo degli Accademici parmensi che lo ricevettero in dono un tal “vivissimo plauso all’insigne artista cav. Alberto Pasini”, da proporne la nomina quale professore onorario, nonostante i posti risultassero tutti già coperti (Atti… 1864-1877, vol. VIII). Tale entusiastica ammirazione trovò generalmente concorde tutta la critica successiva che di quest’opera sottolinea la forte suggestione prodotta dalla “vastità immota del paesaggio ancora addormentato… in contrasto col subbuglio dell’accampamento in partenza” (Quintavalle 1939).

I riferimenti alla pittura ricca di implicazioni romantiche e sentimentali dei pittori barbizonniers, che avevano influenzato la cultura del pittore bussetano al suo arrivo a Parigi, sono ormai completamente superati, a favore di un’impostazione più analitica e di un più rigoroso studio del vero, condotto con un’osservazione precisa e puntuale, che mira a una resa assolutamente obiettiva della realtà naturale, priva di compiacimenti pittoreschi. Pasini si concentra in questo momento – come precisa anche Fornari Schianchi (1983b) – “nella realizzazione di vedute in cinemascope”, dilatando al massimo l’inquadratura per comunicare tutto il senso di “abbandono” e di luminosa ampiezza suscitata in lui dal paesaggio persiano, che ben più delle figure, descritte con “quel tocco spigliato e pronto… onde l’artista da prova anche in questo di grande maestria” (Martini 1872a, p. 23), costituisce il vero protagonista della scena.

Spesso considerato uno dei maggiori orientalisti italiani, l’interesse di Pasini per i temi di soggetto orientale si sviluppa, invece, a stretto contatto con il clima culturale francese, già da tempo permeato dal fascino magico e avventuroso delle terre d’Oriente e si accresce con la frequentazione dei pittori parigini, Chassériau in particolare, insieme al quale egli aveva aperto nel 1854 uno studio artistico. L’anno successivo Pasini ha occasione di partecipare come disegnatore alla missione diplomatica del ministro Prospero Bourée; durante quel viaggio faticoso, durato diciotto mesi, attraverso la Persia, la Turchia, l’Arabia e l’Egitto egli trova finalmente “la sua definitiva e ideale fonte di ispirazione” (Lapi Ballerini 1996, p. 30). Scrive infatti in una lettera del 1863: “… per me quanto provai alla vista dell’oriente nol provai mai” (pubblicata in Botteri Cardoso 1991, p. 61); è questa sensazione, procurata dalla visione dei luoghi straordinari, dai colori splendenti, nella luce ferma e limpida, senza “vapori” delle terre d’Oriente, che egli cerca di trasferire sulla tela con una pittura di solido impasto coloristico e una tavolozza vivida e luminosa, esaltata da forti contrasti tonali, marcati da un contorno sottile ed “esattissimo”. L’Oriente di Pasini non è mai “sogno o vagheggiamento romantico” (Bossaglia 1996, pp. 19-21) come quello di tanti orientalistes en chambre, che non avevano però mai lasciato Parigi, bensì un luogo conosciuto e descritto da un testimone diretto e fedele al vero.

L’influsso derivato dalla conoscenza e dallo studio dei modi di alcuni tra i maggiori orientalisti francesi del tempo, Marilhat, Decamps e soprattutto Fromentin, si avverte in questi anni in una maniera più sciolta, sia nei tagli compositivi sia nella tecnica, che privilegia un andamento per tocchi più mossi e sfrangiati, evidente anche in questo dipinto. Libera da un eccessivo rigore formale la sua pittura conquista definitivamente il mercato parigino, guadagnandosi non solamente il favore del pubblico, ma anche l’apprezzamento della critica ai Salons ufficiali.

Il dipinto, che rimase esposto alla pubblica ammirazione per ben quindici giorni in una sala dell’Accademia di Belle Arti di Parma, vinse nel 1873 la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Vienna (Carteggio… 1873-1874).

Bibliografia
Atti… 1864-1877, Vol. VIII, pp. 47-48;
Martini 1872a, pp. 22-23;
Carteggio… 1873-1874, 28 marzo 1873;
Pigorini 1887, p. 3;
Elenco… 1894;
Ricci 1896, pp. 171-172;
De Gubernatis 1906, p. 355;
Battelli 1931, p. 146;
Sorrentino 1931b, p. 26;
Quintavalle A.O. 1939, p. 251;
Ghidiglia Quintavalle 19602b, p. 40;
Copertini 1971, p. 112;
Fornari Schianchi 1983b, p. 225;
Botteri Cardoso 1991, p. 264 (con ampia e completa bibl. prec.)
Mostre
Torino 1864;
Brera 1864;
Vienna 1873;
Busseto 1926;
Napoli 1940;
Bologna 1955
Carla Campanini, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.