La tavola, i cui bordi sono stati probabilmente rifilati dopo l’esecuzione a giudicare dalle immagini tagliate degli apostoli laterali, raffigura la Koimesis (Rothemund 1966), equivalente della Dormitio Virginis occidentale, una delle Dodici Grandi Feste del ciclo liturgico ortodosso e come tale inseribile nell’iconostasi.

Il tono generale composito della tavola evidenzia la connessione semantica e lessicale di contesti profondamente diversi fra loro come talora avviene anche nelle icone cosiddette “cretesi-veneziane”, ma anche in tavole russe del tardo XVII (Popov-Pavoloskaya 1995) o bulgare (Paskaleva-Prashkov 1979) del XIX secolo, che accostano tipologie aderenti al canone bizantino e difformi redazioni formali o viceversa. Questo uso traslato e vario di elementi linguistici in ambito russo è riscontrabile anche in raffigurazioni della tipologia già dal XVIII secolo (Kutschinski-Poetter 1991).

La gamma cromatica complessiva privilegia tonalità di rosso medio, con frequenti inserimenti ritmici di verde cupo e marrone rosato, e listature e lumeggiature in avorio e oro spento. L’anima della Vergine, canonicamente raffigurata come un’infante fra le braccia del Cristo, è avvolta in fasce verde chiaro modulato con larghe pennellate avorio intenso mostrando così un uso strumentale del colore difforme dal contesto bizantino. Scelte decisamente realistiche evidenziano sia il pavimento a grandi riquadri mattone con tocchi grigi e rosati quanto la cassa lignea che regge il letto funebre della Vergine (entrambi disposti in prospettiva), che si legano all’accentuata quasi esornativa tornitura plastica dei volti rotondeggianti e alla luce radente sui volti, elemento quest’ultimo che già da solo esclude stretti nessi formali con un ambito greco, anche se tardo (Elbern 1970).

La modulazione naturalistica dei volti è spesso riscontrabile in ambito russo a partire dalla metà del XVII secolo (Dell’Agata-Popova 1978), prima che con la fine del XIX secolo si noti un consapevole ritorno a tecniche e modelli più arcaici (Opie 1996).

Già attribuita alla scuola della Vojvodina (Rizzi 1976) per i rapporti proporzionali fra i vari piani facciali e la resa formale, la tavola sembra potersi connettere a un ambito russo (Fleischer 1995; Bloch-Diener 1972; Bianco-Fiorin 1975) con una datazione alla prima metà del XIX secolo.

Scheda di Patrizia Angiolini Martinelli tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1997.