• Titolo: Teti immerge Achille nello Stige
  • Autore: Pierre Rogat
  • Data: 1788 (I premio)
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 99 x 177
  • Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
  • Inventario: 553
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: L'Accademia

Nel 1787, all’atto della distribuzione dei premi, gli Accademici avevano espresso la ferma convinzione che il vincitore della seconda corona (l’unica assegnata in quel concorso) avrebbe potuto aspirare, in virtù dei suoi meriti, al primo premio nel concorso dell’anno successivo.

L’aspettativa dei giudici trova conferma nell’esito del concorso del 1788 in cui il misterioso Borel-Rogat (sull’intricata questione riguardante l’identità di questo artista si veda la scheda precedente) ottiene la prima corona con una tela di straordinario nitore formale, certamente una delle prove più notevoli fra quelle pervenute all’Accademia di Parma.

Le istruzioni contenute nel bando si limitavano a pochi suggerimenti riguardanti il luogo dell’azione: “Narra Pausania nella descrizione d’Arcadia come questo fiume [lo Stige] sbocca da una balza del monte Cillene, ove scorgonsi i rovinosi avanzi dell’antico Tempio di Mercurio. Poche figure basteranno a compiere la composizione di questo quadro”.

Questi spunti vengono sviluppati nel dipinto di Borel-Rogat che colloca l’azione nella vastità solenne di un paesaggio classico, dominato sulla destra dai piani digradanti di un alto monte contro cui si stagliano le rovine di un tempio dorico che ricorda, nella forma e nella posizione, quello di Segesta (Hautecoeur 1910, p. 21). Sulla sinistra, una grande quercia accoglie sotto la sua ombra le figure di Teti e delle ancelle, legate fra loro da un’armoniosa sequenza di gesti concatenati. L’atmosfera mitica e silente del paesaggio, la rigorosa strutturazione dei piani e il modellato scultoreo delle figure giustificano il riferimento a Poussin, più volte sottolineato dalla critica (Hautecoeur 1910, p. 161; Pinto 1977, p. 617). Il rimando al maestro francese è ribadito anche da Cirillo e Godi che, dopo aver sottolineato l’eccezionalità delle due tele di Borel-Rogat “…naviganti nel più squisito e rarefatto neoclassicismo davidiano”, riconoscono “nello scintillante ‘plein air’ della Teti…” l’affiorare, prepotentissimo, dell’amore per il sempre attualissimo Poussin (Cirillo – Godi 1979d, p. 36).

Tuttavia la tela di Parma si connota, rispetto all’illustre precedente, per una luminosità tersa e cristallina che raggela le forme entro contorni nitidissimi. La stesura levigata conferisce alla superficie pittorica la lucentezza dello smalto e dà risalto, entro una gamma tonale grigio-verde, alle note timbriche dei blu, dei bianchi, dei rosa, dei rossi cupi. Ne risulta un’atmosfera sospesa e rarefatta dove i particolari (le anfore d’argento, i panni, le prode erbose, le foglie) hanno un’evidenza ottica quasi nordica; in primo piano poi la testa del piccolo Achille, imprigionata nella lastra di piombo dello Stige, produce un effetto quasi surreale.

La novità di questa resa così compatta e traslucida suggeriva all’Hautecoeur un rapporto con la tecnica dell’encausto (Le tableau semble peint sur une toile cirée… 1910, p. 161), che proprio in quegli anni era stata rilanciata a Roma da un gruppo di artisti impegnati a sperimentare con successo il metodo messo a punto da J.F. Reiffenstein, consigliere artistico di Caterina II e promotore di importanti iniziative decorative volte a favorire l’affermazione e la diffusione della pittura a cera (Ottani Cavina 1999, pp. 622-623; Calbi 2000, pp. 96-98).

Comunque sia, l’effetto “encausto” prodotto dalla tela depone a favore del grado di aggiornamento culturale del giovane Borel-Rogat e dell’importanza dell’Accademia di Parma e dei suoi concorsi quale palestra delle giovani generazioni e ribalta delle nuove tendenze artistiche. A questo proposito Sandra Pinto osservava puntualmente come la serie dei premi accademici fosse “rivelatrice di una circolazione precoce del classicismo davidiano” approdata a Parma “di rimbalzo sia da Roma che da Parigi” e come si dovesse prestare maggiore attenzione alle opere degli artisti francesi quali “possibili tessere mancanti nel complesso mosaico delle vicende dell’Accademia francese negli anni prima e durante la Rivoluzione” (1977, pp. 617, 620).

Bibliografia
Atti…, vol. I, 1770-1793, pp. 273, 275;
Ricci 1896, p. 8;
Hautecoeur 1910, pp. 156, 160-161;
Allegri Tassoni 1952, p. 28;
Pinto 1977, pp. 617, 620, nota 9;
Godi 1974, p. XXVII;
Cirillo – Godi 1979d, pp. 36, 47;
Allegri Tassoni 1979, pp. 211-212;
Pellegri 1988, p. 230
Restauri
1990 (Lab. Degli Angeli)
Mostre
Parma 1979
Emilia Calbi, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.