L’affresco rappresenta, fedelmente al testo della Passio, il supplizio della ruota a cui fu sottoposta la santa. L’imperatore Massimino, in seguito ai nuovi rifiuti di Caterina di adorare gli dei, ordinò di sottoporla a tale tortura. Caterina venne però salvata per l’intercessione di un angelo e le ruote stritolarono i soldati pagani.
Santa Caterina, seguita da un gruppo di nobildonne, entra in una stanza dal soffitto cassettonato, le cui pareti e il cui pavimento esibiscono decorazioni romboidali e a riquadri, e sembra rivolgere la sua attenzione a una figura seduta su di una panca.

La santa siede infatti con composta fermezza sul terribile ordigno del supplizio, che si rivolge contro gli stessi carnefici terrorizzati e atterriti uccidendoli, mentre un angelo scende repentinamente dal cielo a salvarla.

L’affresco esibisce le stesse caratteristiche stilistiche degli episodi precedenti, anche se in questo particolare caso il Maestro accentua l’espressionismo dei volti, rendendoli simili a maschere grifagne.

I tratti fisionomici esasperati e di tagliente durezza rimandano poi a quelli dei dannati nel Giudizio universale della quarta cappella di destra della cattedrale di Lodi, ora vestibolo d’accesso alla medesima.

Scheda di Antonella Gigli tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1997.