• Titolo: Sposalizio della Vergine
  • Autore: Anonimo parmense
  • Data: XVI secolo
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 155 x 117
  • Provenienza: Guardamobile ducale; in Galleria nel 1820; nella residenza di Carlo III di Borbone nel 1851; in Galleria dal 1865
  • Inventario: GN44
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

“Mazzola Francesco. Lo sposalizio della Vergine. Tre figure. Da un lato Nostra Donna… è di bellezza un po’ troppo umana; non di quel tipo… divoto che più si procede nel secolo XVI, più si va dileguando. Dall’altro lato l’umil vecchio Giuseppe… Gran vigore di tinte, e grandi bellezze in questa singolare composizione” (Martini 1872).

“Questo quadro… ignoto a tutti prima del 1820 ha per compenso in pochi anni acquistato una celebrità inesplicabile sotto il nome del Parmigianino, di cui per poco non è parso il capolavoro… Nessuno ha notato che le mani storte o aggranchite, i piedi pessimamente disegnati e dipinti, le figure tozze, le pieghe larghe e tondeggianti, il collo di Maria duramente insinuato nella spalla sinistra, il colorito crudo di questa opera mediocre costituiscono un insieme che non si può attribuire al Parmigianino senza oltraggiarne la memoria… Questo Sposalizio della Madonna… nel colore delle carni, nelle pennellate di biacca con le quali indica i baffi… e per la franchezza decorativa poco curante dei particolari, ha caratteri comuni ai dipinti del Rondani” (Ricci 1896).

Fra questi estremi si muove la vicenda critica della nostra tela, assegnata ancora a Parmigianino nell’Inventario… del 1874 e da Pigorini (1887), a un seguace di Rondani da Quintavalle (1939); ad essa, probabilmente, fa riferimento la Ghidiglia Quintavalle (1960) quando, forse a causa di un lapsus o di un refuso, attribuisce con certezza a Rondani una “Visitazione della Galleria Nazionale di Parma…a cui il recente restauro ha ridonato, con l’aspetto originario, il segno indubbio dell’autografia”. In Galleria, in realtà, non esiste alcuna Visitazione cinquecentesca e fra le opere restaurate negli anni immediatamente precedenti il 1960 quella in esame è la sola che può essere ricondotta all’ambito di Rondani. All’ambito, appunto, poiché se la tipologia fisionomica di san Giuseppe, l’accensione cromatica e il ricorso a una netta, quasi tagliente, separazione fra luci e ombre, fra chiari e scuri ricordano il vocabolario di Rondani, l’utilizzo di uno schema compositivo rigidamente sviluppato su un unico piano, il ricorso a espressioni, pose e gesti stereotipati uniti a una descrittività corsiva, l’uso di campiture piatte e uniformi e di contorni rigidi e netti consigliano di assegnare il dipinto a un imitatore del pittore parmense.

Scheda di Patrizia Sivieri tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.