- Titolo: Sette affreschi con scene relative alla Vita di un monaco cistercense
- Autore: Anonimo emiliano-lombardo
- Data: fine secolo XVII
- Tecnica: Affreschi staccati
- Dimensioni: ovale, cm 130 x 80
- Provenienza: Paradigna (Parma), abbazia di San Martino de’ Bocci
- Inventario: GN s.n.
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
I sette affreschi staccati provengono da una piccola stanza con volte a crociera, forse un’antica sagrestia o una cappellina, posta a destra del transetto nella chiesa abbaziale di San Martino de’ Bocci in località Paradigna.
Notevolmente danneggiato dall’uso e dalle trasformazioni improprie subite dalla chiesa e dall’intero complesso monastico dopo la soppressione napoleonica (nella pratica dell’archivio della Soprintendenza di Parma del 1966 si ricorda che questa stanzetta era stata riutilizzata come “conigliera”), l’esiguo ambiente presentava pregevoli decorazioni a stucco tardoseicentesche a ornamento delle quattro vele di volta, all’interno delle quali, entro cornici, sono situati i quattro dipinti quadrangolari, mentre nelle lunette sottostanti erano collocati quelli di forma ovale (cfr. fotografie presso l’archivio della Soprintendenza).
Il pessimo stato in cui si trovava la struttura e l’intervento di distacco hanno reso i testi figurativi pressoché illeggibili e di difficile identificazione. I quattro riquadri si riferiscono probabilmente alla vita e ai miracoli di un monaco cistercense, come si desume dall’episodio col santo inginocchiato con il saio bianco che assiste un uomo ferito alla testa sdraiato davanti a lui, mentre un altro cavaliere al suo fianco gli sta parlando. In un altro ancora si intravede il santo che, spogliatosi del suo saio, è immerso fino alla vita in una pozza d’acqua mentre sulla riva si trova una donna a seno scoperto; meno chiari gli altri due episodi dove ampie lacune pittoriche rendono assai frammentaria l’immagine.
Negli ovali, altrettanto poco decifrabili, si può forse individuare la figura di san Bernardo da Chiaravalle. In uno di essi infatti è ravvisabile una delle iconografie più ricorrenti e consolidate nell’ambiente cistercense, vale a dire la Vergine che appare a san Bernardo, in cui il santo è riconoscibile non solo dal saio bianco, ma anche dalla presenza di tiara e pastorale, suoi frequenti attributi. Anche negli altri due, nonostante le pessime condizioni, ci sembra di poter ravvisare di nuovo la presenza di san Bernardo mentre con gli altri monaci venera l’immagine di Maria.
Il gruppo di affreschi rappresenta un unico ciclo in cui l’iconografia devozionale e miracolistica relativa al santo doveva rispondere alle esigenze specifiche della committenza cistercense.
La natura schiettamente popolare degli ambienti in cui sono inseriti i personaggi e il modo di rendere le figure umane vivacizzate da un suadente dinamismo fanno pensare a un pittore che, pur operando verso la fine del ’600, sembra aver guardato alla cultura di Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino. Notazioni in linea con la cifra linguistica del maestro lombardo, di cui si è suggerito il nome sulla base di una comunicazione di Angelo Loda, sembrano potersi cogliere anche in certi gesti narrativamente atteggiati, in alcune espressioni palesemente estatiche e ancora nei panneggi cadenti. La scarsa leggibilità dell’intero nucleo pittorico non permette del resto di sostenere in maniera più approfondita questa ipotesi di lettura anche se ci pare poterlo qualificare come un intervento di ’600 inoltrato dai risvolti chiaramente devozionali.