- Titolo: Scontro di cavalieri
- Autore: Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto (attribuito a) (?)
- Data:
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 69 x 96,4
- Provenienza: Parma, collezione Sanvitale, 1834 (?)
- Inventario: GN 1495
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Condottieri e battaglie
Le ricerche non hanno permesso di appurare con certezza la provenienza, tuttavia può essere sostenuta l’ipotesi che provenga dalla collezione Sanvitale, sebbene nell’Inventario corrente non sia stata trascritta come appartenente a questa importante raccolta. Le misure coincidono con il dipinto, registrato come opera di Spolverini, elencato con il n. 72 nell’Inventario della collezione del 1835, e ritroviamo la stessa tela nel 1852 con l’identica attribuzione e provenienza nell’inventario manoscritto della Galleria, mentre sia Ricci che Quintavalle la esclusero dai loro cataloghi.
Il dipinto, seppur attribuito a Ilario Spolverini, non ha trovato consensi dalla critica nella mostra del 1979 dedicata all’artista e solo nel 1981 è stata avanzata da Ferdinando Arisi un’interessante proposta che sposta la tela verso l’ambito piacentino, in considerazione che fra il 1744 e il 1746 è documentata la presenza a Piacenza di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, al quale il conte Scotti di Sarmato commissionò la pala di Sant’Alessandro (1744), ora custodita nella chiesa piacentina di Santa Teresa (Fiori 1974).
L’Arisi, riferendosi alla scena di combattimento narrata dal Ceruti in secondo piano alle spalle del Ritratto di condottiero conservato a Trento in collezione privata, ma eseguito a Piacenza nel 1743 come si evince dalla iscrizione sul retro della tela (data che anticiperebbe del resto la sua presenza in Emilia), ha ripercorso la produzione del Ceruti, riconoscendogli oltre all’attitudine di pittore “ritrattista di pitocchi e aristocratici… di storie sacre e profane”, nonché di “nature morte e vive” anche un’attenzione per le battaglie.
Tale genere ebbe talmente successo ancora nel ’700 da trovare di certo in un pittore impegnato a raffigurare ritratti di nobili e ambienti di vita quotidiana un interesse per scene di combattimento, forse giustificate anche dalla frequentazione di committenze come quella del maresciallo Schulenburg, con cui il Ceruti entrò in rapporto e con cui era assiduo il Simonini, noto battaglista d’origine parmense (cfr. Frangi 1987,
pp. 189-190).
Per sostenere la proposta, l’Arisi assegna al Ceruti due dipinti della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, una Imboscata e uno Scontro di cavalieri già ritenute del Brescianino e rafforza l’ipotesi aggiungendo alla sua possibile produzione anche la nostra Battaglia, che indubbiamente mostra assonanze stringenti con la seconda tela bresciana.
In ambedue le scene lo spazio narrativo si dilata nella parte inferiore con poche figure e più che una battaglia dai contorni violenti di eserciti contrapposti, i personaggi sono impegnati in uno scontro di cavalieri, abbigliati nobilmente con cappelli piumati e grandi nappe dalle tonalità chiare. Il movimento dei cavalli è reso con molta eleganza e in tutte e due le tele un personaggio disarmato fugge a piedi gesticolando con realismo. In lontananza si scorge un altro gruppo di cavalieri dai contorni non troppo disegnati, in cui l’impasto pittorico su toni quasi monocromatici sfuma all’orizzonte.
Nel dipinto di Parma l’addensarsi delle nubi crea tensione nel combattimento, ma nell’insieme la scena si mantiene su tonalità luminose, impastate di ombre colorate, velate di rosa.
La proposta avanzata da Arisi non ha avuto un seguito anche nelle recenti attenzioni dedicate alla pittura del Ceruti e ancora molto rimane da indagare sulla produzione di battaglie del XVIII secolo, epoca in cui deve comunque essere collocato questo dipinto, che tuttavia, rispetto alla produzione del Simonini, più ritmico e sfrangiato nel disegno, mostra una solida impostazione prospettica e una felice capacità di resa di volumi, guidati da una mano sicura e avvezza a narrare nei particolari.