Nell’inventario della collezione di Angiola Rossi Beccali, redatto in occasione della vendita alla Galleria nel 1851, la tela venne descritta come “Conversazione di Montanari con donna che suona la chitarra”.

Questo dipinto, insieme ad altri della raccolta, venne scelto per uso personale da Sua Altezza Reale Carlo III di Borbone. Nell’Inventario generale l’opera risulta sottoposta a pulitura e descritta nel seguente modo: “Una giovine popolana canta accompagnandosi con la chitarra”, alla quale il Ricci, che attribuì l’opera a Giovanni da San Giovanni, aggiunse la notazione “Presso di lei un giovine con un largo cappello fa le corna ad un vecchio che pretende di scherzare con un’altra giovine”.

Anche il Quintavalle lo indica come pulito di recente e, fino a quel momento, di attribuzione concorde a Giovanni da San Giovanni. Il Quintavalle lo assegnò però a un artista di ambito romano, forse Pier Leone Ghezzi, ricordando che di questo avviso era già da tempo il Longhi che collegava al pittore altri dipinti di soggetto e impostazione stilistica simile.

Il riferimento a Pier Leone Ghezzi, piuttosto difficile da precisare in quanto l’artista non era certo specialista di opere di questo tipo, ma che non mi sento di negare in modo netto, deriva effettivamente dall’impostazione data da Longhi nell’articolo del 1927 (Di Gaspare Traversi, in Vita artistica, pp. 145-167) dove lo studioso aveva attribuito al Ghezzi scene di vita popolare studiate sull’esempio di Monsù Bernardo (Keil): “Arrivi di ciociaria alle porte di Roma”. Dunque l’intuizione di Longhi, che partiva da certe affinità stilistiche e dal senso spiccato per la caricatura che si può studiare nei disegni, e il parere favorevole del Quintavalle, misero in relazione il dipinto di Parma con la Famiglia di burrini (ora alla Pinacoteca Nazionale di Bologna) e la Refezione del pellegrino (Roma, collezione privata). Si può inoltre ricordare un altro dipinto simile: la Famiglia di paesani (Hatton Gallery, Università di Newcastle upon Tyne) che nella recente monografia sull’artista danese viene indicato come anonimo seguace (Heimburger 1988, p. 138).

La Lo Bianco nella monografia sul Ghezzi cataloga il dipinto come ignoto del XVIII secolo e lo collega allo stile del Keil, visto che, secondo la studiosa, non presenta nessuna relazione con i tipi rappresentati dal pittore.

Quintavalle nel suo intervento del 1939 aggiunse anche una notizia difficilmente controllabile, in quanto ipotizzava che, vista la provenienza parmense, poteva probabilmente essere stato eseguito per la casa Ducale di Parma.

Bibliografia
Inventario… 1851, n. 4;
Martini 1875, p. 18;
Pigorini 1887, p. 24;
Ricci 1896, p. 37;
Quintavalle  A.O. 1939, pp. 108-109;
Lo Bianco 1985, p. 140, n. 95
Restauri
1968
Scheda di Andrea Muzzi, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.