Proviene, come l’Immacolata Concezione del Piazzetta e la Maddalena che adora il Crocifisso del Pittoni (inv. 230 e 1081; cfr. schede nn. 677 e 675) dalla chiesa dei Cappuccini a Parma. Menzionata per la prima volta insieme alle altre opere veneziane nella terza edizione della Guida di Clemente Ruta del 1780, nella quarta e ultima cappella a destra.

Nulla sappiamo della commissione di questa pala che raffigura due martiri cappuccini, Fedele da Sigmaringen, morto nei Grigioni nel 1622 e Giuseppe da Leonessa, assassinato dai calvinisti all’Amatrice nel 1612, beatificati il primo nel 1729, il secondo nel 1737 e canonizzati entrambi nel 1746 da Benedetto XIV, né del suo modelletto, oggi a Torino nella Galleria Sabauda. È probabile che, come Piazzetta e Pittoni, la scelta di Tiepolo sia da mettere in relazione, almeno all’inizio, col giovanissimo duca Carlo, che più tardi, divenuto re di Spagna, si assicurerà i servizi del maestro sessantaseienne per decorare il Palazzo Reale di Madrid.

In generale l’esecuzione del dipinto è collocata fra il 1752, data di una seconda edizione della Guida del Ruta che non lo ricorda e il 1758, quando l’Accademia di Parma, fondata in quello stesso anno da Filippo I, conferiva a Giambattista il titolo di “amatore” e successivamente di “accademico di merito” (Pallucchini 1968).
Le prime idee grafiche per l’opera, con diverse posizioni dei personaggi, sono schizzate in due fogli dell’Albertina di Vienna, mentre il ricordo di un terzo, perduto, ci viene tramandato da una copia di Giovanni Raggi nel Chrysler Museum di Norfolk, chiaramente della metà degli anni Trenta, altri due studi, forse leggermente posteriori, sono all’Ermitage di San Pietroburgo (Knox 1985). Ciononostante la redazione pittorica dovette protrarsi più a lungo. Quindi i tre dipinti furono probabilmente commissionati e disegnati come impresa decorativa comune contemporaneamente, verso il 1735; di certo due modelletti, forse anche il terzo, furono eseguiti in quel periodo, mentre successiva è l’esecuzione delle opere stesse. Come per il Pittoni e il Piazzetta, è probabile una datazione più arretrata, rispetto a quella tradizionale, subito dopo il ritorno di Tiepolo da Würzburg nel 1753 (parere condiviso oggi anche da Filippo Pedrocco), anche per l’emergere nel dipinto di un’essenzialità compositiva fatta di contrasti cromatici, di poche figure plasticamente modellate entro contesti semplificati, che caratterizza parte della produzione religiosa in questo periodo.

Rispetto alla versione maggiore il modello mostra lievi varianti, come il libro rosso aperto per terra che verrà poi chiuso.
L’opera traduce la lezione luministica di Paolo Veronese, con una teatralità melodrammatica tipicamente rococò: contro il cielo si stagliano le vigorose figure dei due martiri, vestiti con il saio scuro e sdrucito, mentre in primo piano si contorce l’Eresia, splendida giovane donna, semicoperta da una veste di uno straordinario ocra cangiante. Nello sfondo a sinistra è raffigurata forse la stessa chiesa dei Cappuccini. (G.N.S.)

Bibliografia
Ruta 1780, p. 39;
Affò 1796, p. 33;
Callery 1859, p. 165;
Ricci 1896, p. 58;
Molmenti 1910, pp. 245 e 255;
Sack 1910, pp. 33, 177-178;
Fröhlich-Bum 1926, figg. 303, 304;
Quintavalle A.O. 1939, pp. 140-142;
Morassi 1943, p. 20;
Gabrielli 1959, p. 31;
Da Campagnola – Da Mareto 1961, pp. 64-66;
Morassi 1962, pp. 44-51;
Gabrielli 1965, p. 33;
Pallucchini 1968, p. 125;
Gabrielli 1971, pp. 245-246;
Rizzi 1971, n. 69;
Ceschi Lavagetto 1979, p. 79;
Knox 1980, B. 50, B. 51;
Fornari Schianchi s.d. [ma 1983], p. 193;
Knox 1985, pp. 114 sgg.;
Pedrocco Gemin 1993, p. 457