Interessante copia da un originale perduto del Veronese – citato l’ultima volta nel 1856 ma conosciuto attraverso incisioni e stampe – eseguito per la chiesa di San Sebastiano in Venezia per essere collocato nel coro davanti all’affresco con lo stesso tema, in quanto le decorazioni parietali del 1558, risultarono a breve già rovinate dall’umidità.

Venne riconosciuta come tale dal Ricci e dal Quintavalle, mentre Martini lo riteneva un testo autentico accreditando un’interpretazione iconografica (Francesco Carmagnola dinnanzi al Doge di Venezia) tipicamente “romantica”. Le derivazioni accertate nell’opera di Francesco Maffei (1605-1660) proprio dai teleri di San Sebastiano (Rossi 1990, p. 134) suggeriscono di guardare nella sua direzione per la nostra grande tela, anche se la qualità esecutiva appare meno compatta e brillante di quanto di lui conosciamo. A tale proposito vale la pena inoltre di citare l’attività di incisore, pittore e diffusore di moduli veronesiani del belga Valentin Lefèvre (1642-1680/82), di cui anche recentemente (Ruggeri 1990, p. 139) è stata attestata l’attività di copista in ambito veneziano.

Scheda di Luisa Viola da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.