Nell’inventario della collezione Dalla Rosa-Prati e nei vecchi cataloghi della Galleria la tavoletta viene genericamente menzionata come opera di autore incerto (Inventario… 1832-1851, Martini 1875) o, tutt’al più, di scuola parmense (Ricci 1896); è la Ghidiglia Quintavalle (1968d) a vedervi “gli spiccati caratteri dell’Anselmi intorno al 1526-27, cioè al tempo in cui dipingeva il ‘San Rocco’ per la chiesa di San Prospero a Reggio Emilia”. L’attribuzione proposta dalla studiosa è senz’altro convincente.

Il giovane san Rocco, che assieme al suo cane si muove seguendo cadenze astratte ed eleganti, quasi di danza, mostra punti di contatto con diverse figure anselmiane: con i personaggi biblici dipinti a monocromo nel sottarco della VI cappella a sinistra di San Giovanni a Parma, che mostrano lo stesso dinamismo della posa, gli stessi scorci dei visi, la stessa forte anatomia delle gambe; con il Sant’Antonio di Capodimonte, che palesa la sua stessa flessuosità nella posa dell’anca e delle gambe; con la Sant’Agnese di San Giovanni a Parma, che ha quasi il suo stesso viso minuto e lineare. E il paesaggio di fondo – con l’albero in controluce immediatamente alle spalle del santo, le verdi colline digradanti, le montagne sfumate sotto il cielo grigio che riecheggiano il leonardismo di Sodoma – rammenta quelli che si sviluppano alle spalle del San Rocco di Reggio Emilia, della Santa Chiara di Capodimonte, della Sant’Agnese di San Giovanni a Parma.

L’ipotesi – formulata dalla stessa Ghidiglia Quintavalle nella medesima occasione – che la nostra tavoletta possa essere un bozzetto per il quadro di Reggio Emilia ci pare, invece, poco convincente: troppo dissimili sono, infatti, la posa e il dinamismo delle figure, il loro rapporto con lo sfondo, il loro abbigliamento, i loro volti, la figura del cane.

Anche la cronologia proposta dalla studiosa ci pare troppo perentoria: il piccolo dipinto non è infatti interessato da quella sottile sintesi fra gli accenti della maniera senese e i più recenti esiti delle ricerche di Correggio e Parmigianino tanto evidente nelle opere più significative del biennio indicato, bensì caratterizzato da una raffinata e libera eleganza decorativa di sapore tutto senese dominante nei lavori dei primi Anni venti.

Scheda di Patrizia Sivieri tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.