- Titolo: San Rocco e il cane
- Autore: Michelangelo Anselmi
- Data: 1526-1527
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 26,5 x 18,5
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851
- Inventario: GN410
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Dal Rinascimento al Barocco Ala Nord Alta
Nell’inventario della collezione Dalla Rosa-Prati e nei vecchi cataloghi della Galleria la tavoletta viene genericamente menzionata come opera di autore incerto (Inventario… 1832-1851, Martini 1875) o, tutt’al più, di scuola parmense (Ricci 1896); è la Ghidiglia Quintavalle (1968d) a vedervi “gli spiccati caratteri dell’Anselmi intorno al 1526-27, cioè al tempo in cui dipingeva il ‘San Rocco’ per la chiesa di San Prospero a Reggio Emilia”. L’attribuzione proposta dalla studiosa è senz’altro convincente.
Il giovane san Rocco, che assieme al suo cane si muove seguendo cadenze astratte ed eleganti, quasi di danza, mostra punti di contatto con diverse figure anselmiane: con i personaggi biblici dipinti a monocromo nel sottarco della VI cappella a sinistra di San Giovanni a Parma, che mostrano lo stesso dinamismo della posa, gli stessi scorci dei visi, la stessa forte anatomia delle gambe; con il Sant’Antonio di Capodimonte, che palesa la sua stessa flessuosità nella posa dell’anca e delle gambe; con la Sant’Agnese di San Giovanni a Parma, che ha quasi il suo stesso viso minuto e lineare. E il paesaggio di fondo – con l’albero in controluce immediatamente alle spalle del santo, le verdi colline digradanti, le montagne sfumate sotto il cielo grigio che riecheggiano il leonardismo di Sodoma – rammenta quelli che si sviluppano alle spalle del San Rocco di Reggio Emilia, della Santa Chiara di Capodimonte, della Sant’Agnese di San Giovanni a Parma.
L’ipotesi – formulata dalla stessa Ghidiglia Quintavalle nella medesima occasione – che la nostra tavoletta possa essere un bozzetto per il quadro di Reggio Emilia ci pare, invece, poco convincente: troppo dissimili sono, infatti, la posa e il dinamismo delle figure, il loro rapporto con lo sfondo, il loro abbigliamento, i loro volti, la figura del cane.
Anche la cronologia proposta dalla studiosa ci pare troppo perentoria: il piccolo dipinto non è infatti interessato da quella sottile sintesi fra gli accenti della maniera senese e i più recenti esiti delle ricerche di Correggio e Parmigianino tanto evidente nelle opere più significative del biennio indicato, bensì caratterizzato da una raffinata e libera eleganza decorativa di sapore tutto senese dominante nei lavori dei primi Anni venti.