L’assegnazione a Spada presente già nel Catalogo Sanvitale non è mai stata messa in dubbio, nonostante le differenze stilistiche dalle altre tele parmensi. Tale disparità veniva giustificata da Quintavalle (1939), che giustamente ne segnalava “lo squilibrio fra la debolezza degli arti e l’espressività dei volti” con una datazione avanzata, sul 1620-1622, e quel giudizio negativo veniva accettato anche da chi scrive (1975), che ipotizzava anche l’intervento di un collaboratore.

Un ripensamento sull’opera, che mi appare ora più intensamente caravaggesca di altre dello Spada, e la possibilità di confrontarla con suoi dipinti allora non noti, come il Cristo resuscita il figlio della vedova di Naim della Cassa di Risparmio di Cesena, studiato da Angelo Mazza (1991, pp. 136-144) mi induce oggi, pur nella difficoltà della collocazione cronologica dei quadri “da stanza” dello Spada, in genere non corredati da date, ad anticiparla, e a ritenerla eseguita poco dopo il ritorno a Bologna successivo al viaggio romano.

Le sgrammaticature rilevabili nelle mani senza nerbo dei personaggi non mancano infatti anche in opere bolognesi riconducibili agli anni dal 1612 al 1614, data del trasferimento a Reggio, e alcuni elementi stilistici, come le vene rilevate o le orbite profonde, dove non è risparmiata nessuna ruga di vecchiezza o di espressione, trovano riscontro appunto in quel complesso dipinto, di taglio analogamente concentrato, dipinto per i Bonfilioli a gara col Tiarini e databile, grazie alla testimonianza del Malvasia, appunto in quegli anni. L’atteggiamento di Pietro, che raccoglie le mani sul petto in segno di sorpresa e di rifiuto della sua conoscenza del Cristo, richiama la soluzione adottata dal Caravaggio nel dipinto del medesimo soggetto in collezione privata e un tempo dei principi Imparato Caracciolo (Volpe 1972, p. 71), più vigoroso per gli originali tagli di luce e drammatico per la sofferenza espressa da Pietro in quel rattrappirsi davanti alle accuse.

Bibliografia
Catalogo… 1835, inv. 53;
Martini 1872, p. 63;
Martini 1875, p. 15;
Ricci 1896, p. 77;
Sorrentino 1931a, p. 31;
Foratti 1937, p. 318;
Quintavalle A.O. 1939, p. 292;
Calvesi 1959, p. 93;
Ghidiglia Quintavalle 1960, p. 27;
Frisoni 1975, pp. 71, 77 nota 45, tav. 71b;
Frisoni 1994, p. 274
 Restauri
1952-53
Scheda di Fiorella Frisoni, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.