- Titolo: San Pietro martire
- Autore: Michelangelo Anselmi
- Data: 1530-1532
- Tecnica: Affresco staccato
- Dimensioni: cm 66,5 x 37
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851
- Inventario: GN828
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Dal Rinascimento al Barocco Ala Nord Alta
Il frammento di affresco entrò in Galleria dalla collezione Dalla Rosa-Prati con la generica indicazione di “dipinto… di Scuola correggesca”; Ricci (1896) ribadì questa attribuzione aggiungendo che “non è improbabile che derivi dalla chiesa di San Pietro martire… In tal caso potrebbe assegnarsi all’Anselmi che aveva frescato quella chiesa”.
Quintavalle (1939) e la Ghidiglia Quintavalle (1960b, 1960-61, 1968d) lo inclusero senza dubbi nel catalogo del pittore senese, ribadendo l’ipotesi di Ricci circa la sua originaria collocazione. Quasi certamente i suddetti studiosi formularono questa ipotesi sulla scorta di alcune note manoscritte che così recitano: “Tutte le pitture a fresco in detta Capella (dell’Inquisizione presso la chiesa di San Pietro) sono di Michele Angelo Senese” (Nota… 1725), “Si ha memoria che appena compiuta la fabbrica (dell’Oratorio dell’Inquisizione) fu accordato per frescarne le interne pareti il bravo maestro Giacomo Antonio Morozzi, ma che ne fosse subentrato poscia nel lavoro Michel Angelo Anselmi, il quale dopo aver espressa nella tazza e nella volta una gloria celeste, sulla parete della parte del Vangelo copiò in dimensioni pari allo originale il famoso Cenacolo di Leonardo” (Scarabelli Zunti fine del XIX secolo). Come si vede, non è possibile stabilire alcun concreto nesso tra il frammento di affresco in esame e quelli scomparsi con la demolizione della cappella dell’Inquisizione; il fatto poi che il dipinto si trovasse nella collezione Dalla Rosa-Prati e sia stato offerto alla Galleria dell’Accademia come opera di scuola, sia pure correggesca, valutata lire 400, un prezzo cioè più di due volte inferiore a quello attribuito alla tavoletta di Anselmi con la Madonna col Bambino e san Giovannino (inv. 41; scheda n. 172), pare altrimenti significativo e indicativo di un’altra, sconosciuta, ubicazione originaria. Sembra, infatti, poco probabile che in meno di trent’anni (la cappella venne demolita nel 1813, l’affresco si trovava presso i Dalla Rosa-Prati prima del 1843) nel circuito antiquario e collezionistico si sia persa la memoria della provenienza e quindi della paternità (e quindi del valore monetario) di questo oggetto.
Il dipinto viene datato dalla Ghidiglia Quintavalle intorno al 1523-1525, ossia agli anni in cui nello stile di Anselmi diventa più esplicito ed evidente l’avvicinamento al linguaggio correggesco, che già si era manifestato nelle ultime opere condotte in San Giovanni (si vedano in particolare gli affreschi della III e della IV cappella a sinistra) e che trovò il suo apice in alcune pale d’altare eseguite negli ultimi anni del terzo decennio e negli affreschi dell’oratorio della Concezione (1532-1534). Dal naturalismo di Correggio sono infatti mutuati la morbida stesura pittorica, il tono emozionale che anima il volto del nostro San Pietro, la solenne eppur umana impostazione della sua figura.
Ma il dipinto mostra anche come quest’adesione non comportò l’abbandono delle raffinate eleganze e degli artifici formali che il pittore aveva portato con sé dalla terra che lo aveva formato: nell’aggraziata posa delle mani, nella flessuosa, opposta torsione del busto e del capo, nell’astratta bellezza del viso del santo permane infatti la declinazione di quegli accenti senesi che dominavano nelle prime opere condotte a Parma e che successivamente, grazie al confronto con gli esiti dell’originale e complessa ricerca linguistica di Parmigianino, troveranno rinnovato sviluppo.