- Titolo: Rovine di un tempio nel deserto
- Autore: Alberto Pasini
- Data: 1864
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 26 x 45
- Provenienza: Vinto nel 1864 alla Società d’Incoraggiamento dal Ministero della Pubblica Istruzione e donato alla Galleria
- Inventario: Inv. 107
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Ottocento a Parma
Di proporzioni assai più ridotte è l’altra opera del Pasini conservata nelle raccolte della Galleria, una piccola tavola, eseguita nello stesso anno 1864 e inviata da Parigi all’annuale Esposizione della Società di Incoraggiamento di Parma. Essa fu vinta dal Ministero della Pubblica Istruzione, che ne fece poi dono alla Pinacoteca. Il dipinto raffigura il riposo notturno di una carovana nel deserto, in prossimità delle rovine di un tempio antico; all’orizzonte già comincia ad albeggiare mentre nell’accampamento tutto ancora è immobile, solo il fumo sottile di un fuoco acceso si alza azzurrognolo verso il cielo “spolverato di cobalto” (Battelli 1931).
Il paesaggio occupa sempre pienamente la scena: la visione è più ravvicinata ma il taglio orizzontale e lievemente scorciato dal basso suggerisce il senso della sconfinata profondità della pianura in primo piano, appena delimitata in lontananza dal profilo basso e ondulato dei rilievi collinari.
La sensazione viene aumentata dal sapiente contrasto chiaroscurale, che alterna la zona più chiara del laghetto in primo piano ai toni più cupi del terreno retrostante, “che si imbruna con romantica dolcezza” (Copertini 1971) di contro alla chiara luminosità del cielo che si inalba sullo sfondo, in un’armonia di tinte stese con un colore forte e denso.
Alla perfetta resa dei valori cromatici, corrisponde un altrettanto felice equilibrio compositivo nello “splendido accordo delle linee verticali costituite dalle colonne e dal fumo del bivacco intersecate dal profilo dell’orizzonte” (Mecenatismo… 1974).
Luce e atmosfera sono qui protagoniste assolute della scena, in cui domina un senso di pace e serena tranquillità.
La pittura più sintetica delle composizioni di ampio formato si alterna in questi anni a uno stile più minuto e preciso, che risente forse anche dell’influsso delle tecniche fotografiche, come spesso sottolineato dalla critica, procedendo per tocchi rapidi e veloci, con una resa un po’ bozzettistica, che caratterizza anche questa tavola, ben diversa dalla composizione più lenta e meditata della scheda precedente (inv. 24).
Entrambi i quadri costituiscono però una conferma dei rapporti che Pasini continuò a mantenere, anche dopo il suo trasferimento a Parigi, con la sua città d’origine e con l’Accademia di Belle Arti di Parma, che pure aveva abbandonato, insofferente agli insegnamenti tradizionali. Il pittore continuò, infatti, a inviare con regolarità dipinti da esporre alle locali mostre della Società di Incoraggiamento, secondo quanto è stato sottolineato di recente anche da Tosini Pizzetti (1996, pp. 23-28). Del resto è forse proprio dalla sua prima formazione accademica, condotta inizialmente alla Scuola di pittura sotto gli ammaestramenti dell’Alusino, del Boccaccio e poi del Magnani, per proseguire poi alla Scuola di disegno che Pasini derivò quei mezzi tecnici che, perfezionati a Parigi nello studio di Henriquel-Dupont e poi del celebre litografo Eugène Ciceri, luogo d’incontro dei più importanti artisti locali, gli consentiranno di raggiungere quella sottile e precisa finezza del disegno, così apprezzata dal pubblico e dalla critica. Nella serie di trenta litografie con Vedute dei castelli del Piacentino e del Parmense – che costituiscono la sua prima opera nota – già si coglie, infatti, quell’atteggiamento indagatore, di attenta descrizione del reale e quell’uso particolare del chiaroscuro che verrà via via sempre più ad approfondirsi nelle opere della maturità e in cui, secondo una parte della critica consiste anche il limite della pittura di Pasini, “osservatrice piuttosto che inventiva, essenzialmente pittorica e pittoresca anziché poetica” (Lapi Ballerini 1996, p. 30).
Di questo dipinto il pittore fece anche una seconda versione, di analoghe misure, ma con alcune leggere varianti, segnalata da Botteri Cardoso (1991, p. 278).