- Titolo: Ritratto di Federico Prati
- Autore: Anonimo emiliano
- Data: XVI secolo
- Tecnica: Olio su carta incollata su tavola
- Dimensioni: cm 29 x 20
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851
- Inventario: GN797
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Rinascimento in Emilia Ala Nord Ovest Bassa
Una calligrafia antica ha vergato sul retro della tavola il nome del personaggio “Federico Prati” e il numero 55, che corrisponde alla numerazione dell’inventario del 1832 della collezione Dalla Rosa-Prati, conservato nell’Archivio dell’Accademia di Parma, compilato alcuni anni prima della vendita della Quadreria alla R. Galleria, avvenuta nel 1851.
L’opera era stata valutata lire nuove parmigiane 250 e passò con l’attribuzione a Girolamo Bedoli, che ancora Ricci nel 1896 confermò.
Quintavalle invece la ritenne opera più tarda, di “un pittore che ha visto anche i Carracci” e come tale è rimasta sconosciuta ai più nei depositi del Museo.
La carta su cui è dipinto a olio il ritratto, interamente coperto da una scura vernice, in più parti si è sollevata dal supporto e ha formato dei rigonfiamenti, probabilmente in corrispondenza del “ritiro” delle fibre del legno. Tali condizioni compromettono la lettura dell’immagine, che tuttavia si presenta interessante per la forza espressiva del personaggio.
Federico Prati, appartenente a un’illustre nobile famiglia parmense, fu giureconsulto e poeta addottoratosi a Padova nel 1534 e il Benassi scrisse di lui definendolo “pubblico lettore di istituzioni divine” (1899-1906, p. 252).
Il ritratto lo raffigura a mezzo busto girato per trequarti, con la testa troppo ai margini della tavola, tanto da far pensare che in origine fosse un’immagine più grande, almeno sul lato sinistro e alla sommità, dalle dimensioni necessarie per dipingere l’intero scuro cappello. La particolarità tecnica che sia dipinto su carta suggerisce l’idea che possa essere un bozzetto, che poi nella collezione sia stato “montato” in cornice, come altri piccoli quadri di diversa mano e datazione, provenienti dalla stessa raccolta, anch’essi dipinti sullo stesso supporto.
Il volto sembra reso con particolare ricerca naturalistica, metà viso è in ombra sul fondo chiaro e gli occhi sono rivolti a sinistra come se seguissero un’immagine. La folta barba confonde le forme delle guance, ma il colore assume corpo e spessore in corrispondenza del bianco piccolo colletto arricciato della camicia, una “lattughina” come era in uso nella prima metà del ’500 e le rapide pennellate rendono “vivo” e vibrante il ritratto, anche se l’uniformità della patina scura non permette di stabilire la vera qualità pittorica dell’opera.
Nell’insieme si può azzardare, per l’impianto compositivo e il carattere intrinseco, una datazione alla prima metà del ’500, in un’area artistica emiliana o quanto meno dell’Italia settentrionale, dove ci si confrontava con esperienze venete.
Iscrizione: sul verso, n. 55-Federico Prati