- Titolo: Ritratto d’uomo
- Autore: Francesco Mazzola, detto Il Parmigianino (cerchia di)
- Data: Metà del XVI secolo
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 62 x 47
- Provenienza: Parma, collezione Sanvitale, 1834
- Inventario: GN354
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
L’enigmatico ritratto ha suscitato in passato alterne ipotesi attributive e già Campana e Toschi lo assegnarono al Correggio o alla sua cerchia. Attribuzione seguita da altre in favore di Bartolomeo Veneto (Berenson) per la presenza di elementi veneti, ferraresi e dosseschi; ascrizione confutata anche recentemente da Laura Pagnotta, più propensa a ricollocarlo nella tradizione emiliana e in tal senso suggerisce una debole assegnazione a Francesco Maria Rondani, collaboratore del Correggio, di cui non è stata finora ricostruita una specifica attività ritrattistica (Russell 1976).
La tavola del resto ha subito in passato profonde puliture, specie nella zona del volto, e il forte contrasto dell’incarnato con la vasta zona scura del fondo accentua l’intensità dello sguardo, lasciando lo sfumato lieve della barba in un alone di luce non ben definita, che crea contrasto con il prezioso disegno dei ricami della camicia e della fascia sul capo. L’identificazione – fin qui accettata – del personaggio con Nicolò Quirico Sanvitale, fu proposta da Ricci per assonanze del costume, a suo dire, con un abbigliamento alla “turca” (certamente per via del copricapo), ricercando fra i Sanvitale (dato che indubbiamente doveva essere un personaggio di famiglia), un protagonista di imprese militari al servizio dei veneziani. Il conte di Sala, Niccolò Maria Quirico, marito di Beatrice da Correggio, detta “Mamma” dall’Ariosto, si trovò effettivamente a combattere contro i turchi nel 1477, ma morì nel 1511 e il nostro personaggio, indossa un elegantissimo abito giallo e nero di foggia alla “tedesca” stratagliato in uso fra il 1515 e il 1530.
Inoltre, dimostra un’età alquanto giovanile, sui trent’anni, e la sua effigie è ben diversa da quella tramandata nel ritratto conservato nella Galleria degli Antenati della Rocca di Fontanellato. Una nuova proposta identificatrice non trova avallo nell’iconografia nota dei Sanvitale – è forse Jo. Francesco, conte di Fontanellato, fratello di Gian Galeazzo e marito di Laura Pallavicino, morto nel 1519, di cui si conserva un’immagine ottocentesca fra i ritratti di famiglia? – certamente per la qualità del dipinto e per il costume raffinato che indossa doveva essere un personaggio di rilievo nell’ambito di quella corte e forse nel medaglione, ormai poco leggibile, inserito nel cappello, vi era la “chiave” della sua identità.
La posa frontale e il taglio della figura a solo busto, forse ridotto ai lati, suggerisce in effetti il confronto con la pittura veneta e l’intensità d’indagine, profonda ed enigmatica, sembra trovare qualche assonanza con il ritratto di Pietro Aretino di Basilea, ascritto anche da Suida e Volpe a Tiziano (Volpe 1979, p. 75). La morbidezza dello sfumato pittorico della nostra tavola tuttavia giustifica i richiami con le opere correggesche e l’esecuzione di grande naturalismo, a punta di pennello, delle pieghe della camicia riconduce in un ambito parmense non troppo lontano dalle esperienze ritrattistiche anche di Parmigianino, che più volte diede eccezionali prove di decorazioni di ricami.