- Titolo: Ritratto di Ranuccio II
- Autore: Jacob Denys (?)
- Data: Seconda metà del XVII secolo
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 189,7 x 115,7
- Provenienza: collezioni ducali; già a Napoli e a Caserta; in Galleria dal 1943
- Inventario: 1477
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il dipinto si trovava nella Reggia di Caserta fino al 1943 ed è una versione leggermente più grande, quasi a figura intera, della tela di Frans Denys, firmata e datata 1662, conservata a Parma nel Palazzo del Comune, anch’essa proveniente (1928) dalla collezione Farnese che Carlo di Borbone trasferì a Napoli.
Sorrentino considerava questa tela una versione “posteriore” della felice invenzione di Frans e dato che suo fratello Jacob Denys, anch’egli pittore, si trovò nel 1670-71 a Parma e negli anni successivi continuò a inviare da Mantova copie di ritratti per la corte Farnese, la propose a lui.
Nel 1943 Quintavalle ne confermò l’attribuzione, dichiarando di riconoscervi la sua mano “più accaldata e riflettente una chiara adesione alla scuola genovese… di van Dyck”, rispetto a quella del fratello la cui “intonazione è più argentea”.
Solo di recente viene negata questa attribuzione (Pietrogiovanna 1997) e confinato l’autore nell’anonimato, forse uno dei vari copisti impegnati a corte, che tuttavia dimostra buone capacità interpretative e tecniche nella stesura dei ricami dell’abito.
Il duca indossa un costume di foggia francese e la sua pur ampia corporatura viene accentuata dal corto farsetto, che assume l’apparenza di un bolero con maniche aperte da cui fuoriescono le molte pieghe della camicia. Al posto dei calzoni alla seconda metà del ’600 si diffuse il “rhingrave”, una specie di gonna pieghettata detta anche “girello”, arricchita in vita da “gabbadas” con balze e nastri. Piatto sulle spalle, si apre il grande colletto d’organza con bordi ricamati e nappe e questo modello di “bavero” doveva trovare nel duca Ranuccio un convinto consenso dato che lo indossa su un abito scuro anche nel ritratto conservato all’Accademia di Parma, dipinto di cui esiste una copia del Gorla a Busseto, e che può essere anch’esso ricondotto a una mano fiamminga vicino a Frans Denys.
Certamente, rispetto al ritratto del Comune, in questa versione i toni azzurri dei nastri sono più spenti e anche i lineamenti del volto del duca poco più che trentenne sono più marcati con un chiaroscuro più accentuato.
La fortuna che ebbe il ritratto di Denys è dimostrata anche dalla piccola copia in ovale a solo busto, conservata presso l’amministrazione degli Ospedali Civili di Piacenza, datata al 1687.