- Titolo: Ritratto di principe Farnese
- Autore: Anonimo
- Data: Seconda metà del XVII secolo
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 88 x 71
- Provenienza: collezioni ducali; già a Napoli e a Caserta; in Galleria nel 1943
- Inventario: 1483
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il dipinto è inviato a Parma nel 1943 insieme ad altri originariamente compresi nelle collezioni ducali, perché all’epoca era contrassegnato da un cartellino, oggi non più esistente, ma riportato dal Quintavalle, con la scritta: “Infante principe di casa Farnese”.
Il verbale di consegna delle opere provenienti da Napoli (dattiloscritto datato 27 aprile 1939 conservato nell’archivio della Soprintendenza BAS di Parma e Piacenza) segnala anche il numero 532, ora non leggibile. La ceralacca presente a tergo della tela con il sigillo borbonico contribuisce a chiarire l’effettiva provenienza dell’opera e la possibilità che questa facesse parte delle collezioni.
Il Quintavalle ritiene che la morfologia del volto, soprattutto della parte inferiore, possa effettivamente richiamare la fisionomia della famiglia Farnese. L’abbigliamento del bambino, che indossa una lunga marsina in damasco rosa a fiori azzurri, con fitta bottoniera e una cravatta di pizzo a fogliami unita a un nodo di nastro, rispecchia la moda tardoseicentesca e ha condotto lo studioso a ipotizzare che possa trattarsi del piccolo Alessandro Ignazio, figlio di Odoardo Farnese e di Dorotea Sofia di Neoburgo, che però muore nel 1693, a un anno e mezzo.
L’età dimostrata dal bambino, che sembra più grande, i lineamenti marcati delle labbra e dell’arco sopraccigliare e infine i folti capelli ricciuti inducono a non escludere la possibilità che sia invece un ritratto di Francesco Farnese. Le leggere discrepanze stilistiche che si notano nella differente resa pittorica del volto rispetto all’abito, dove il tratto si fa meno definito, unitamente al successivo intervento di riduzione del formato, con un’ombreggiatura, da rettangolare a ovale porterebbero a presupporre un ritratto iniziato da un artefice e completato in seguito da un’altra mano. La supposizione troverebbe riscontro nell’incertezza attributiva della tela che giunge a Parma con un’ipotetica assegnazione a scuola napoletana, mentre il Quintavalle la ascrive a scuola genovese.