- Titolo: Ritratto di Isabella d’Este
- Autore: Frans Denys
- Data: 1662 circa
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 101 x 83
- Provenienza: collezioni ducali
- Inventario: 1002
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Ritrattistica ducale
Nel 1834 il dipinto si trovava nel Palazzo del Giardino e nel 1868 venne donato dalla Real Casa Savoia alla Biblioteca Palatina.
Nel 1887 passò, insieme ad altri ritratti farnesiani, in Pinacoteca e da Ricci venne considerato copia da van Dyck, in relazione a un’altra versione dello stesso ritratto attribuito alla scuola del maestro fiammingo, che si trovava sino al 1928 a Napoli, prima di essere trasferita nel Palazzo Comunale di Parma (Lombardi 1928, p. 172; AA.VV. 1995b, pp. 170-171)
La paternità a Denys si deve a De Rinaldis (1911), che ricostruì su basi documentarie l’attività del pittore presso la corte parmense di Ranuccio II, riconducendo giustamente a lui altri ritratti, fra i quali quello del duca datato 1662, anch’esso noto in due versioni conservate una nel Palazzo Comunale e l’altra in Galleria (inv. 1477, vedi scheda successiva), oltre al ritratto allegorico con Parma e Piacenza (inv. 1478, vedi scheda n. 382).
Isabella d’Este, figlia di Maria Farnese e di Francesco I, duca di Modena, sposò il cugino Ranuccio II nel febbraio del 1663, pochi mesi dopo la morte della prima moglie, Margherita Violante di Savoia. La sua presenza a corte fu comunque breve, dopo aver avuto due figlie, Margherita Maria e Teresa, morì di parto nel 1666 dando alla luce l’erede Odoardo.
La sua effigie ci è giunta anche attraverso un’incisione ad opera del fiammingo Bernardo di Balliu, conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna ed è proprio a margine di questa, che riproduce in controparte le stesse sembianze della nostra dama, che troviamo l’iscrizione “…Fran.° de nis pinx…”, a conferma dell’attribuzione (Sorrentino 1931d, p. 385).
Frans Denys si trovò impegnato a Parma almeno dal 1662 e alternò le sue prestazioni presso i Farnese con frequentazioni anche alla corte dei Gonzaga di Mantova, su insistenti richieste della duchessa reggente Isabella Clara, che a più riprese scrisse a Ranuccio per aver favori dal pittore (Tellini Perina 1965, p. 517).
L’artista di formazione rubensiana si trovò iscritto alla gilda di San Luca ad Anversa e certamente subì l’influenza dalla ritrattistica di van Dyck, dal quale sembra aver dedotto la “posa da parata” per questa tela. A differenza della versione conservata nel Palazzo Comunale dove la principessa è raffigurata all’interno di un edificio, forse la Reggia di Colorno dove morì, nel nostro Denys dipinge alla spalle di Isabella un filare di pioppi, pur mantenendo a sinistra la pesante tenda, elemento indispensabile nel repertorio iconografico del ’600. Qui, forse più che nell’altra variante, la giovane duchessa è ritratta con maggior qualità pittorica e colta con più sensibilità nell’indagine fisionomica. L’attenzione con cui Frans Denys descrive l’abito e i ricami delle sete è simile alla resa del costume di Ranuccio nella tela in Comune, dove gli azzurri divengono quasi “cristallini”, per effetto di solvenze pigmentate. Gli oggetti che ha nelle mani sono un piccolo orologio da tasca e la sua chiave di ricarica, a ricordare lo scorrere del tempo e simboleggiare la sua breve esistenza; questi elementi portano a pensare che forse il ritratto è stato eseguito a memoria, utilizzando un’altra effigie di Isabella dello stesso Denys, che aveva raffigurato in una grande tela la duchessa anche a cavallo con varie dame, opera di cui si è persa traccia.