- Titolo: Ritratto di Isabella Clara Eugenia
- Autore: Antoon van Dyck (bottega di)
- Data: post 1626
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 55 x 46
- Provenienza: acquistato dal conte Affaticati nel 1860
- Inventario: GN 356
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: I genovesi 1600-1700
Derivata dall’originale a figura intera conservato a Torino, Galleria Sabauda, commissionato nel 1626, ma eseguito dall’artista, che ne ricevette in dono una catena d’oro del valore di 750 fiorini, nel 1628 (Larsen 1988, II, pp. 197-198, n. 491).
La copia presente a Parma si inserisce in una serie di repliche in parte di bottega, la maggior parte delle quali fu commissionata dall’arciduchessa per ragioni diplomatiche, avendo ella deciso nel 1621, alla morte del marito, Alberto del Belgio, di vestire per scelta d’umiltà l’abito di terziaria francescana e volendo far conoscere alle teste coronate amiche e nemiche la nuova immagine che offriva di sé (De Meyer 1955, p. 21).
Il primo pittore che eseguì un ritratto di questa sorta fu Rubens che dipinse nel 1625 la versione di Madrid, Thyssen (Bodart 1985, p. 106, propone come originale un dipinto di collezione privata) da cui deriva anche quella degli Uffizi, da Bodart (1990, pp. 130-31, n. 457) ritenuta anche autografa, contro il parere della maggior parte dei critici (Vlieghe 1987, p. 120, n. 110). Poi vengono le versioni di van Dyck e bottega, fra le quali, oltre a quella della Sabauda, una a Vienna, Kunsthistorisches Museum, una a Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts, una a Parigi, Louvre e altre a Vaduz, Anversa, Budapest, Ponce, Liverpool, Edinbourg, Duke of Hopetoun e Chatsworth, collezione duca di Devonshire. Infine, esistono del ritratto una versione a stampa eseguita da L. Vorstermans per l’Iconografia (n. 116) e una grisaille dell’autore conservata a Bayonne, Museo Bonnat, preparatoria o per questa stampa o per la versione del Louvre (per tutte queste opere cfr. Larsen 1980, p. 95; 1988, II, pp. 438-39, nn. 87, 1/9)) Stevens (1977, p. 59) ritiene che van Dyck non abbia dipinto in presenza del soggetto, ma si sia semplicemente basato su uno dei ritratti rubensiani. La grande somiglianza fra le varie versioni farebbe propendere per questa lettura dei fatti, ma non esiste alcuna conferma di questa ipotesi.
Quanto al nostro esemplare, già Quintavalle (1948, n. 218) propose di riconoscere una copia in quella che gli inventari della Galleria schedavano come opera di van Dyck, ma in seguito Ghidiglia Quintavalle (1963, p. 34) ripropose l’assegnazione al pittore, che però non ha trovato consensi fra i critici moderni.