Come si evince dall’iscrizione posta ai piedi dell’effigiato, il dipinto rappresenta Gerardo Bianchi (1230 circa-1302), personaggio che svolge un ruolo di spicco nella vita religiosa della città in epoca medievale, ma che ricopre anche cariche importanti presso la corte pontificia, guadagnandosi la stima e la fiducia di ben quattro papi.

Nativo di Gainago, nei pressi di Parma, diventa canonico della Cattedrale (1256), cardinale della basilica intitolata ai dodici Apostoli (1278), vescovo di Sabina (1281) e infine legato pontificio in Sicilia; muore a Roma agli inizi del ’300 ed è sepolto a Roma nella chiesa di San Giovanni in Laterano.

Nonostante gli impegni per la Curia romana, Gerardo Bianchi resta costantemente legato alla sua città natale, ne sono testimonianza la fondazione del Capitolo dei canonici in Battistero (1290) e l’erezione del cenobio cistercense di San Martino de’ Bocci (1297), che alla morte il cardinale lascia erede universale dei suoi cospicui beni (Drei 1927); qui inoltre era conservata la reliquia del suo cuore (Gabbi 1840, c. 340r).

Nel dipinto l’imponente figura del cardinale campeggia al centro della tela, i suoi lineamenti trovano riscontro nell’affresco votivo (1302) del Battistero di Parma in cui Gerardo Bianchi appare inginocchiato davanti alla Vergine in trono fra san Giovanni Battista e un angelo (XVI nicchione).

Il ritratto della Galleria rappresenta l’ecclesiastico a figura intera, stante presso un tavolo coperto da un ricco tappeto ornato da nappe dorate, su cui sono posati la berretta cardinalizia e un disegno architettonico, che il cardinale indica con la mano destra. Con l’altra mano, il prelato ostenta una pergamena chiusa da un sigillo; lo stato di conservazione compromette la lettura completa dell’iscrizione, che è frammentaria, ma dovrebbe trattarsi della bolla con cui Bonifacio VIII concedeva a Gerardo Bianchi la facoltà di costruire la badia di San Martino de’ Bocci. Alle spalle dell’effigiato, attraverso il voluminoso drappeggio che inquadra la parte destra del quadro, sullo sfondo di un paesaggio, s’intravede infatti una parte della chiesa, perfettamente riconoscibile, connotata dal campanile ottagonale al centro del transetto e dalla facciata tardoromanica. Davanti all’edificio, in punta di pennello, si muovono alcune figurette tra le quali lo stesso cardinale, alcuni monaci e un carpentiere. Le motivazioni che spingono a raffigurare il personaggio in un ritratto di grande formato e con le caratteristiche dell’immagine ufficiale più di tre secoli dopo la morte sono difficilmente ricostruibili, anche perché nulla si sa della provenienza dell’opera. Sebbene lo stato conservativo e i pesanti interventi d’integrazione compromettano in parte la lettura della tela, il quadro è certamente riconducibile, dal punto di vista stilistico, all’ambito locale.

Lo sfondo appare per ovvie ragioni meno stereotipato e mostra una certa qualità esecutiva nella resa delle figure dipinte con viva sensibilità e nella vivacità cromatica del brano paesistico: freschezza contrastante con la rigidità del personaggio, che appare invece effigiato secondo lo schema tradizionale del ritratto internazionale. Nella parte architettonica l’artefice impagina la composizione secondo una prospettiva un po’ arcaica, probabilmente con intenti ben precisi individuabili nell’inclinazione malgrado tutto devozionale del dipinto.

È certo per motivi di committenza che compare la citazione di San Martino de’ Bocci, riferimento preciso e circostanziato, vista la presenza del fondatore ripetuta nel gruppo di fondo; dettaglio che farebbe ipotizzare la provenienza del nostro ritratto dal complesso monastico di Paradigna al momento della soppressione del convento (1810) in epoca napoleonica, quando buona parte dei dipinti confluiscono all’Accademia di Belle Arti. Purtroppo le notizie d’archivio relative alla certosa di Paradigna rivelano un interesse legato ai possedimenti e agli aspetti più squisitamente economici piuttosto che al patrimonio artistico conservato nel convento. Il ritratto, che stilisticamente appartiene alla seconda metà del secolo, potrebbe essere stato eseguito per ricordare la figura di Gerardo Bianchi all’epoca degli importanti interventi alla chiesa nel corso degli Anni ottanta del ’600.

Bibliografia
Inventario… s.d.
Restauri
1972
Scheda di Nicoletta Moretti, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.