- Titolo: Ritratto di gentiluomo
- Autore: Giovan Battista Trotti, detto il Malosso (?)
- Data: Primo decennio del XVII secolo
- Tecnica: Olio su tela applicata su tavola
- Dimensioni: cm 39,5 x 30,5
- Provenienza: Ignota
- Inventario: GN318
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Di ignota provenienza, il ritratto è ascritto da Ricci (1896, p. 248) a “Scuola bolognese (sec. XVII)”. Poi se ne interessano Quintavalle (1939, p. 291), che lo assegna a “seguace di Agostino Carracci”, e Ghidiglia Quintavalle (1968d, pp. 61-62, n. 83), che lo cataloga sotto l’etichetta di “Bolognese del sec. XVII (inizi)” giudicandolo più attentamente nella scheda “Buon ritratto emiliano nell’ambito di Agostino Carracci e dell’Aretusi”.
La sintetica definizione condensa due aspetti che convivono nel quadro: un certo naturalismo di osservazione tenuto a bada però dal rigore del disegno. Non mancano nel quadro delle affinità con la pittura di Agostino Carracci: si pensi, ad esempio, al Ritratto di Anna Parolini Guicciardini (Berlino, Gemäldegalerie) firmato e datato 1598, dove la dama è narrata con prosa efficace, di solida “verità”. Ma nel cavaliere di Parma il naturalismo è meno robusto e rimane di superficie.
Per via di stile il ritratto sembra trovare riscontri nella pittura di Giovan Battista Trotti, detto il Malosso, che verso il 1604 si trasferisce a lavorare a Parma, al servizio di Ranuccio I Farnese, e vi rimane per quindici anni fino alla morte. C’è un Ritratto virile (Cremona, collezione privata), firmato da Trotti, che ha qualche analogia con il quadro di Parma. Il ritratto cremonese, noto attraverso una mediocre riproduzione, è stato datato nel “primo decennio del XVII secolo” (Vanzetto 1985, p. 248, scheda e fig. 1.29.10). È una cronologia che si addice pure al ritratto di Parma. Anche qui Giovan Battista Trotti si apre al naturalismo dei Carracci ma è come frenato dalla sua primitiva formazione alla bottega di Bernardino Campi. Sono indizi e possono condurre soltanto a un’ipotesi di lettura: se fosse vera, il ritratto spetterebbe ai primi anni parmensi del Malosso. Rimane un’annotazione da fare: il gentiluomo di questo ritratto ha una discreta somiglianza fisionomica con l’altro più giovane (inv. 306, scheda n. 343), dipinto forse da Cesare Aretusi. Tanto da far pensare alla medesima persona che si fa ritrarre in due diverse età della vita, la giovinezza e la maturità, da due diversi artisti. Può essere un ingannevole rispecchiamento oppure una fievole traccia per recuperare l’identità storica del ritrattato.