- Titolo: Ritratto di gentiluomo
- Autore: Cesare Aretusi
- Data: fine XVI secolo, inizi XVII secolo
- Tecnica: Olio su tela applicata su tavola
- Dimensioni: cm 41,5 x 31,5
- Provenienza: collezione Gaetano Callani, 1839
- Inventario: GN306
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il ritratto proviene dalla Quadreria Callani ed è in Galleria dal 1839 (Ricci 1896, p. 237). L’attribuzione ad Agostino Carracci, dubbiosamente sostenuta da Ricci (ibidem), è riproposta con convinzione da Ghidiglia Quintavalle (1968d, p. 58, n. 73), ma già Quintavalle (1939, p. 291) preferiva pensare a un “seguace”.
L’identità dell’effigiato, ritenuto da Ricci (1896, p. 237) il poeta modenese Alessandro Tassoni, autore della Secchia rapita, è ripresa da Quintavalle (1939, p. 291) e da Ghidiglia Quintavalle (1968d, p. 58) con sospetto. Si tratta probabilmente di una tradizione recuperata da Ricci con fiducioso credito, ma senza alcun fondamento storico. Un controllo sull’iconografia di Alessandro Tassoni nelle stampe (ad esempio i tre esemplari conservati presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna) e nei dipinti (ad esempio quello della Galleria Estense di Modena) non dà riscontri utili all’identificazione. Anche se il dipinto versa in cattive condizioni di conservazione (ci sono piccole lacerazioni e cadute di colore), per quanto riguarda l’identità del ritrattista non sembra possibile mantenere il riferimento ad Agostino o alla scuola carraccesca.
Il ritratto rivela invece una cultura più antica, ancora di tarda maniera. C’è un fare puntiglioso, un’acutezza di osservazione imbrigliata in codici rappresentativi improntati a un decoro austero, tutto di testa. Anche lo sguardo riflette guardinghe strategie di comunicazione, memori di una rigida disciplina dei comportamenti. Insomma in questo cavaliere non c’è niente di “naturale”. Tolto ai Carracci il dipinto sembra meglio familiarizzare con la ritrattistica di Cesare Aretusi, uno specialista di questa attività. Alla produzione dei ritratti Aretusi si dedica con impegno quasi esclusivo dal 1599, anno della morte di Giovan Battista Fiorini, suo assiduo compagno in tante imprese pittoriche. Ma già prima Aretusi si era provato nel ritratto praticandolo – secondo Malvasia (1678, ed. 1841, I, p. 251) – fin dal 1586-87, quando a Parma, incaricato di copiare l’Incoronazione della Vergine di Correggio, cercava di accattivarsi la benevolenza dei nobili e dei cortigiani con l’elargire ritratti.
Se vale il sospetto verso Aretusi, questo ritratto sostiene una cronologia sul 1585, in analogia, ad esempio, con il coevo Paolo Ricci (inv. 339; scheda n. 345), per il quale si è rivelata inadeguata (Benati 1986, p. 710) la vecchia datazione al 1602.