- Titolo: Ritratto di Francesco Farnese a cavallo
- Autore: Giovanni Maria delle Piane, detto il Mulinaretto
- Data: 1705 circa
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 119 x 92
- Provenienza: collezioni ducali
- Inventario: 1004
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Ritrattistica ducale
Il ritratto nel 1834 era custodito nel Palazzo del Giardino, nel 1868 la Real Casa lo donò alla Biblioteca Palatina, che infine nel 1887 lo passò alla R. Galleria.
Il Ricci ne ignorava l’autore e furono Lombardi e poi Quintavalle a ricondurlo giustamente al Mulinaretto.
Un’altra versione, di dimensioni più grandi con l’aggiunta di un paggio moro, è conservata a Segovia, nel Palazzo della Granja de Sant’ Idelfonso (Urrea Fernandez 1977, p. 434, fig. CLXV/1) e già figurava alla corte spagnola nel 1746 con l’esatta attribuzione al delle Piane.
Nel 1695 il pittore d’origine genovese aveva compiuto, su invito del conte Morando, un viaggio a Parma, città in cui aveva lungamente operato il suo maestro Giovan Battista Merano e la sua fama di ritrattista si diffuse rapidamente, tanto che prima del suo ritorno in patria, si trovò a eseguire i ritratti dei duchi. Il Ratti, suo primo biografo, scrisse che nel 1698 la corte Farnese lo richiamò a Parma per altri servizi e nel 1705, su invito del cardinale Alberoni, ritrasse a Piacenza il duca di Vendôme, comandante delle truppe franco-spagnole. In tale occasione dovette presumibilmente eseguire anche il nostro Ritratto di Francesco Farnese a cavallo, se prestiamo fede a quanto riporta il Ratti in data 1709, anno della nomina a ritrattista di corte, riferendosi a un’altra richiesta del duca per una sua effigie “ma in figura grande al naturale, vestito d’armatura, e a cavallo” simile a un’immagine che “riuscì vivissima” già dipinta a Piacenza (Sozzi 1933, p. 39). Questo secondo quadro dovrebbe essere la tela ora in Spagna, probabilmente lì inviata, forse alla morte del duca Antonio, su richiesta di Elisabetta Farnese, che apprezzava le doti di ritrattista di Mulinaretto avendo posato per lui varie volte, sia giovinetta che all’epoca delle nozze (1714), tanto da invitarlo nel 1719 a trasferirsi alla corte spagnola. Il pittore non intraprese mai il viaggio e soggiornò stabilmente a Parma in qualità di ritrattista di corte, fino al 1737, anno in cui accettò di operare per Carlo di Borbone a Napoli. Rientrato a Genova nel 1741 per servire ancora la nobiltà locale, tornò infine ormai anziano nel territorio farnesiano e si ritirerà nel 1744 a Monticelli d’Ongina, dove morrà nel 1745.
Il Mulinaretto, formatosi su modelli rubensiani e nella tradizione della ritrattistica genovese di van Dyck, nella maggior parte delle sue opere rispetterà in pieno il gusto barocco, gonfiando i panneggi e vibrando di luci intense i costumi, soluzioni che in questo ritratto non appaiono così evidenti. Le dimensioni e i caratteri pittorici del nostro dipinto suggeriscono l’idea che possa essere un bozzetto, in cui ancora l’artista non ha risolto in pieno gli effetti del fondo, mentre si sofferma a caratterizzare maggiormente il personaggio e a narrare con divertita enfasi il cavallo.
Iscrizione: sul verso della tela, n. 1242