Negli antichi inventari di Casa Sanvitale quest’opera era considerata di Tiziano e da altri invece attribuita al trevisano Fiumicelli. Martini e Pigorini la assegnarono a Giorgione e Ricci, ponendo qualche dubbio sull’identificazione del personaggio – che gli inventari della collezione lasciano nell’anonimato – lo considerò genericamente di scuola veneta del ’500.

Tuttavia nella Galleria degli Antenati conservata ancora oggi nella Rocca di Fontanellato esiste un ritratto di Eucherio Sanvitale, derivante certamente da questo per l’aderenza fisionomica, ma la figura si presenta a mezzo busto fino alla mano destra, che tiene una carta.

L’iscrizione posta a margine di questa copia, presumibilmente tardosettecentesca, non lascia equivoci sul personaggio: Eucherio, figlio di Gian Galeazzo Sanvitale, conte di Fontanellato, e Paola Gonzaga di Sabbioneta, studiò legge e fu “cameriere segreto” di Paolo III Farnese, che nel 1540 lo nominò abate della Geronda di Bossolo. Canonico nel 1532 e preposto di Fontanellato dal 1534, ottenne dal papa la bolla che unì perpetuamente il priorato di San Benedetto di Cannetolo alla Prepositura. Ricoprì per il duca Ottavio il ruolo di ambasciatore presso il re di Francia, per trattare la restituzione di Piacenza ai Farnese, occupata dagli imperiali di Filippo II e venne ricompensato da Pio IV con l’elezione a vescovo di Viviers (1564). Morì ad Avignone nel 1570, in attesa della nomina a cardinale (Litta 1820, tav. II).

Il suo nome è associato anche al Palazzetto Eucherio, ubicato nel Giardino Pubblico, dato che nel 1561, anno di acquisto dello stabile da parte del duca Ottavio, ne era il proprietario (Fornari Schianchi 1991b, p. 77). Il Palazzetto era stato venduto da Scipione della Rosa, per conto di Laura Pallavicino Sanvitale, vedova di Gianfrancesco, al di lei cognato conte Gian Galeazzo, che lo cedette nel 1548 alla moglie Paola, madre di Eucherio (Casalini Cesari 1979, pp. 101-108).

Nel nostro ritratto Eucherio dimostra un’età attorno ai trent’anni e pur non conoscendo la sua data di nascita, che dovrebbe essere collocata poco dopo il 1516, anno di nozze dei genitori – la madre era allora dodicenne – dato che nel 1532, come scrisse il Litta, assolveva ruoli ecclesiastici, si può ipotizzare su queste considerazioni una datazione del dipinto verso il quinto decennio del ’500.

La particolarità del supporto di ardesia su cui è dipinto il ritratto, purtroppo ora lesionato da più fenditure, rende il quadro molto scuro e solo il volto e il piccolo colletto affiorano dal fondo. La qualità pittorica è alta, lo sfumato nell’incarnato è reso per trasparenze e i capelli e la barba castani costruiti a punta di pennello. Finissimo è anche il disegno delle pieghe del bianco colletto e dei cordini ricadenti sul petto e le vecchie attribuzioni a Tiziano sembrano trovare attinenze con la produzione giovanile del maestro veneto. Un elemento che sposta più verso un ambito romano, vicino a Sebastiano del Piombo e al suo entourage, è il supporto di ardesia, sperimentato e utilizzato nella sua bottega come testimonia anche Vasari e, come sembra, poco in uso altrove. In particolare lo spessore minimo di questa lastra, che in superficie presenta lievissime zigrinature, ne fa un oggetto non comune, che meriterebbe di essere indagato più a fondo.

Comunque qui, rispetto al ritratto non finito di Sebastiano del Piombo, raffigurante Paolo III con un nipote, conservato anch’esso in Galleria (inv. 302, scheda n. 179), la superficie sembra più levigata, forse protetta da una vernice. Presso la Galleria dell’Accademia di Venezia, si conserva una tela di artista veneto della metà del XVI secolo, raffigurante un volto virile, molto somigliante, la cui inquadratura a mezzo busto richiama l’effigie nella Galleria degli Antenati della Rocca di Fontanellato (Moschini Marconi 1962, p. 202, fig. 349).

Scheda di Mariangela Giusto tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.