- Titolo: Ritratto di bambina
- Autore: Lorenzo Ferramonti (attribuito a)
- Data:
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 92 x 74
- Provenienza: ignota; già in Galleria nel 1874
- Inventario: GN 820
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
L’unica documentazione cui far riferimento per questo ritratto è costituita dagli inventari manoscritti della Galleria: quello del 1874 è il primo a citare il dipinto come opera di Lorenzo Ferramonti. Ignote sono la provenienza del quadro, che non è mai stato oggetto di studio, e l’identità della bimba effigiata, certo una piccola aristocratica, come denunciano la vestina di seta chiara con ricami a piccoli fiori e la preziosità del cuscino su cui posa, mentre si può escludere l’ipotesi avanzata dall’Inventario corrente della Galleria che il quadro sia un saggio d’obbligo inviato da Roma.
L’impaginazione del soggetto riprende la tipologia consueta del ritratto infantile, adottata nel tardo ’600 sugli aulici esempi diffusi dai pittori francesi come Mingard e Rigaud, e che trova grande apprezzamento anche a Parma presso gli artisti che lavorano per la Corte farnesiana.
Il ritratto tuttavia denota una certa debolezza nell’impostazione della posa, che malgrado il movimento del braccio destro sollevato a mostrare una ciambella e del sinistro ad abbracciare il cagnolino, risulta piuttosto statica. L’interesse del pittore sembra soffermarsi maggiormente sul volto paffuto della bambina, connotato nella definizione dei lineamenti, ma privo di partecipazione emotiva.
Da un punto di vista stilistico il ritratto può essere collocato alla fine del secolo, mentre la durezza del segno pone quesiti sulla tradizionale attribuzione a Lorenzo Ferramonti o Fremont, pittore fiammingo morto a Piacenza nel 1715 di cui Scarabelli Zunti ricorda un San Francesco di Sales dipinto nel 1694 per la chiesa di Sant’Andrea a Parma (fine del XIX secolo, Materiale…, c. 35) e la sua attività per i Farnese (fine del XIX secolo, Documenti…, c. 58r), segnatamente per la duchessa Dorotea Sofia, come risulta dall’atto di morte (Fiori 1972, p. 203).