- Titolo: Ritratto di bambina con gioiello
- Autore: Pier Francesco Cittadini
- Data: 1640-1660
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 44 x 40
- Provenienza: acquistato da Giuseppe Mauroner di Bayonne nel 1842
- Inventario: GN 307
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Ricci nel suo catalogo della Galleria (1896) è il primo ad attribuire il ritratto di “una fanciulla con veste scollata di broccato fondo rosa e larga argantiglia d’oro e pietre preziose… con perle al collo e alle orecchie” al pittore milanese Pier Francesco Cittadini.
È sempre Ricci a renderne nota la provenienza e la vecchia attribuzione. Come si desume anche dagli Atti dell’Accademia di Belle Arti di Parma (1839-1846) il dipinto era stato proposto insieme ad altri dieci dal signor Francesco Baldi che seguiva le trattative di vendita per un certo signor Giuseppe Mauroner di Bayonne già a partire dal 1838.
Dopo attenta valutazione degli eminenti professori accademici fu approvato l’acquisto di sei quadri per tre dei quali venne perorata la causa per la loro novità e rarità in quanto ritenuti opere di Diego Velázquez.
La proposta attributiva del Ricci, sostenuta da Sorrentino (1931a) e Quintavalle (1939) e concordemente accettata dalla critica successiva, pone inoltre questo piccolo ritratto in relazione con un altro conservato in Galleria (inv. 332, vedi scheda successiva), Ritratto di bambina con cagnolino, attualmente attribuito al Cittadini, ma in passato anch’esso ritenuto opera di Velázquez. Le evidenti affinità stilistiche che avvicinano le due opere valgono come conferma per l’assegnazione al pittore milanese.
Uscito dalla scuola del lombardo Daniele Crespi, che era deceduto nella pestilenza del 1630, a diciassette anni Pier Francesco Cittadini si trasferisce, insieme al fratello Carlo, a Bologna dove frequenta la bottega di Guido Reni distinguendosi per operosità e attitudine soprattutto nelle copie. Negli Anni quaranta si reca a Roma e il viaggio risulta decisivo per il mutamento dei suoi interessi che si orientano verso quei generi “minori” ampiamente praticati nella capitale dai pittori fiamminghi, olandesi, i “nordici” in genere, con i quali entra in contatto. Una volta rientrato a Bologna l’artista non abbandona più la città, dove per trent’anni svolge un’intensa attività indipendente. Tuttavia non intrattiene relazioni professionali solo con l’Emilia, ma anche con la sua terra d’origine, come denotano quei caratteri lombardi, particolarmente vicini al bergamasco Carlo Ceresa, ben ravvisabili nella sua cifra pittorica e in special modo nel suo linguaggio ritrattistico.
La piccola tela risale molto probabilmente al secondo periodo bolognese, intorno alla metà del secolo, essendo l’immagine della fanciulla assai prossima a quella dell’altro suo dipinto in Galleria – come già si è detto – e ad alcuni bei ritratti, come quelli della Pinacoteca di Bologna, ovvero quello con Tre fanciulli con fiori (Honolulu, Academy of Art) che la critica assegna a questi anni.
La figura ripresa a mezzo busto, a causa delle pesanti ridipinture particolarmente evidenti dalle spalle in giù, soprattutto nel pizzo intorno alla scollatura, perde quella particolare acutezza analitica che il pittore riserva soprattutto alla dettagliata descrizione di merletti e tessuti broccati. Un indugiare sulla verità ottica del dettaglio è ancora in qualche modo riscontrabile nella pregiata gargantiglia d’oro incastonata di pietre preziose posta sopra l’abito. I minuti lineamenti del bel viso tondeggiante appena ruotato verso destra, come sottolinea la leggera ombreggiatura sulla guancia e sotto il mento, sono resi con piccoli ma densi e rapidi tocchi di colore come frequentemente il pittore milanese era solito adottare nei suoi dipinti. Una tecnica che per certi versi si allontana da quella più compatta e smaltata del Ceresa. Non è infatti la peculiare qualità pittorica dei dipinti del bergamasco che Pier Francesco sembra recuperare, quanto piuttosto quella sua spontanea fedeltà al dato naturale che a volte, seppur ingenuamente, raggiunge risultati di commovente poesia. Così anche in questa piccola fanciulla, assai vicina ad altri ritratti di bambini del pittore, egli sembra avere ormai conquistato quella sua specifica qualità espressiva e quel “naturalismo”, per cui si è giustificato il paragone col Velázquez, che oltrepassa i limiti più aulici e ufficiali di questo genere. La sua indagine ravvicinata e affettuosa non pone più l’accento sull’austerità morale del personaggio ma sui suoi costumi di vita, sulla sua reale quotidianità a volte vagamente melanconica come traspare dal dolce sguardo di questa bimba.