- Titolo: Ritratto di Alessandro I Pico, duca della Mirandola
- Autore: Sante Peranda (?)
- Data:
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 66 x 56,7
- Provenienza: Parma, collezione Rossi Beccali, 1851
- Inventario: GN 316
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il dipinto versa ora, dopo il restauro, in buone condizioni conservative. In questa occasione è stato sostituito il telaio, non più in grado di assolvere alla funzione portante e di reggere il tensionamento della piccola tela.
È stato posto rimedio inoltre ai diffusi sollevamenti di colore, dapprima provvisoriamente fermati con applicazione di numerose cartine giapponesi. La cauta pulitura ha restituito l’apprezzamento del notevole livello qualitativo che risponde a un’esecuzione precisabile entro la prima metà del XVII secolo.
L’opera è pervenuta alla Galleria nel 1851, ceduta dalla signora Angela Rossi Beccali (Inventario… 1874, n. 316; Ricci 1896, p. 230).
La vicenda critica si esaurisce nelle brevi registrazioni degli inventari e dei vecchi cataloghi della Galleria. Dalla mera descrizione di “Un Principe, che si riconosce alla pompa della veste ed alla collana del toson d’oro” registrata nel 1871, Martini passa nel 1875 alla pertinente, anche se generica, identificazione di “un Principe dei Pico della Mirandola colla collana del Toson d’oro, Incerto” in seguito ripresa con qualche circospezione. Ricci (1896, p. 230), ad esempio, riportando interrogativamente quella identificazione affermava esplicitamente: “Nessun indizio troviamo per giudicare che rappresenti un Pico. Seguiamo la tradizione. Null’altro!”.
In realtà la corrispondenza esatta con il volto di Alessandro I Pico duca della Mirandola (1566-1637) consegnatoci da Sante Peranda nel ritratto a figura intera che si conserva nel Palazzo Ducale di Mantova, un tempo nella collezione familiare dei Pico, non solo conferma l’attendibilità della notizia ottocentesca, ma interviene a precisare l’identità del personaggio di casa Pico. Il dipinto mantovano, riconosciuto da Wilmo Cappi (1963, p. 36; 1984, pp. 138-140), è solitamente collegato alla notizia riportata dallo stesso Alessandro I in una lettera ad Alfonso d’Este del 24 luglio 1619 circa un suo ritratto che allora era stato portato a conclusione da Sante Peranda (Martinelli Braglia 1987, pp. 1104-1105).
Si conosce anche una piccola tela con il solo busto di Alessandro I Pico, del tutto coincidente con quella qui esaminata, che si conserva nel Museo Civico di Mirandola, concordemente ritenuta dalla critica quale replica dello stesso Peranda il quale avrebbe isolato dal grande ritratto a figura intera il dettaglio della testa con la larga gorgiera, le spalle e l’onorificenza del Toson d’oro ricevuta nel 1605 (Martinelli Braglia, in L’arte degli Estensi… 1986, p. 235; Martinelli Braglia 1991, p. 93; Pellicciari, in Erlindo 1994, p. 131).
Il confronto della tela mirandolese con la versione qui esaminata, che si diversifica per il formato leggermente più ampio, in particolare nella larghezza che conferisce maggiore respiro al modello, non è di quelli che mettono in evidenza scarti qualitativi. Il restauro ora concluso ha messo in luce l’esecuzione seicentesca, e il notevole livello qualitativo non esclude l’eventualità che questa spetti allo stesso Peranda (esplicita è del resto l’iscrizione antica a inchiostro “del Peranda” che compariva sul lato inferiore del vecchio telaio e ora trasferita sul nuovo telaio). Andrà tuttavia osservato che la nitida definizione dell’immagine, la descrizione puntuale della gorgiera e la resa luminosa dell’epidermide un poco lucente fanno risaltare le componenti fiamminghe, qui un po’ più pronunciate rispetto a quanto si coglie di norma nelle opere dell’artista veneziano modulate piuttosto da ombreggiature e abbassate da velature che rinviano in misura più o meno esplicita a Palma il Giovane.
Non è escluso allora che il ritratto della Galleria Nazionale sia stato eseguito poco dopo il citato modello di Sante Peranda da parte di uno di quegli artisti di origine fiamminga che frequentavano la corte mirandolese dei Pico e mostravano di essere a conoscenza dei successi che la ritrattistica fiamminga riscuoteva da tempo presso la Corte mantovana, prima e dopo il passaggio di Rubens.