- Titolo: Ritratto del padre, Gaetano Callani
- Autore: Maria Callani
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- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: 49 x 40
- Provenienza: collezione Gaetano Callani, 1839
- Inventario: Inv. 328
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Il 1802, l’anno in cui Maria Callani esegue il ritratto del padre, è sicuramente per lei il più proficuo della sua breve carriera. Per celebrare la vittoria di Napoleone a Marengo e la pace di Lunévile, con la conseguente trasformazione della Repubblica Cisalpina in Repubblica Italiana, il Comitato Governativo aveva indetto il 28 marzo 1801 un Concorso per un dipinto che rappresentasse la Riconoscenza verso il I Console, senza pregiudizio per l’elaborazione iconografica.
L’opera, da destinarsi al Foro Bonaparte, una vasta area realizzata vicino al Castello Sforzesco, rientrava in un ambizioso programma monumentale celebrativo che doveva coinvolgere i maggiori artisti “nazionali” provenienti dalle prime municipalità della risorta Repubblica. Fra questi si ricordano il Canova, che progettò una colossale statua di Napoleone come Marte pacificatore (ora in Apsley House a Londra), l’Appiani che preparò un bozzetto per un’opera raffigurante il Primo Console “in atto di rendere esistenza alla Cisalpina”, mentre David mandò la tela autografa di Napoleone al San Bernardo (ora al Kunsthistorisches Musuem). Era stato stabilito un compenso di mille zecchini per il vincitore e un anno di tempo, successivamente prorogato di qualche mese, per l’esecuzione dell’opera. Il conte Francesco Melzi d’Eril, vicepresidente della Repubblica, per garantire autorevolezza e imparzialità, non solo nominò la commissione giudicatrice, composta dai professori Trabellesi e Knoller di Milano, Appiani e Cicognara, abbinati agli Accademici Muzzi e Calvi, rispettivamente da Parma e Bologna, ma si preoccupò anche di trovare i concorrenti. È probabile che tale incitamento sia stato determinante per la partecipazione della pittrice parmense.
La Callani si recò a Milano insieme al fratello Francesco per esaminare i dipinti dei maggiori maestri di quei tempi e per verificare di persona se ella avesse potuto reggere il confronto con gli altri. Pare che durante il soggiorno nella capitale lombarda la pittrice abbia eseguito due quadri: uno segnalato dall’Allegri Tassoni (1977-78, p. 202, tav. 26), tuttora presente nei depositi dell’Accademia di Brera, raffigurante una Leda col cigno caratterizzata da “eleganti e raffinate modulazioni di linee” che raggiungono un classicismo formale così rigoroso da potersi avvicinare all’opera del “Canova”. L’altro, di cui non si è trovata alcuna traccia, viene descritto dallo Scarabelli Zunti nelle sue note manoscritte relative ai Callani: “…il genio della pace ornato di biondo crine d’ulivo estinguendo con la sinistra mano la fiaccola della discordia sull’ara del tempio della pace, e colla diritta portante corona d’alloro su di un busto di bronzo rappresentante il conquistatore in mezzo al tempio della concordia”. Il quadro molto stimato sembra esser stato preso da Gioacchino Murat.
Sollecitata anche dall’Appiani a prendere parte al concorso, Maria, una volta rientrata a Parma, iniziò a lavorare con grande impegno; poiché il tempo di consegna era piuttosto stretto, il padre e il fratello la aiutarono a concludere le due ultime figure. Insieme a lei presentarono le loro prove i pittori Francesco Alberi da Bologna, Vincenzo Antonio Revelli da Torino, Domenico Aspari, professore dell’Accademia di Brera e da ultimo Giuseppe Bossi, segretario della stessa Accademia, il completamento del cui lavoro venne atteso, con esplicito favoreggiamento, oltre i termini del concorso. La commissione suddetta, viste le plausibili aspettative, assegnò incondizionatamente il primo premio all’opera del Bossi, tuttavia l’intervento moderatore del Melzi fece sì che gli altri partecipanti potessero ricevere un premio consolatorio. Certamente per la pittrice parmense fu un ottimo risultato, ella, infatti, vinse, superando i più anziani rivali, il secondo premio di ottocento zecchini.
Trattenuto a Brera, si dice in un luogo umido (cfr. Scarabelli Zunti, Callani… fine del XIX secolo, R1) il quadro della Callani purtroppo non fu mai recuperato, come proditoriamente è accaduto per l’opera di Bossi, recentemente riemersa insieme a quella di un altro pittore formatosi a Parma, il Borroni, il quale, nell’impossibilità di partecipare al concorso, riuscì a farsi acquistare la propria interpretazione pittorica della Riconoscenza solo più tardi (cfr. Catalogo Accademia di Brera, Addenda… 1996, n. 26 pp. 49-53 e n. 20 pp.44-46).
L’unica memoria dell’opera dell’artista parmigiana è la descrizione che lei stessa inviò personalmente al Melzi, che riteniamo opportuno trascrivere: “Io ho l’onore d’indirizzare, Cittadino, il quadro da me dipinto sull’argomento di costì propostosi agli italiani Pittori. Serve di campo alla sua composizione parte di un ampio Foro, in cui rappresentasi il Presidente Bonaparte, assiso su di una specie di sedia Curiale sostenuta da un marmoreo piedistallo, dietro cui mirasi la Vittoria con le usate insegne. Egli è in atto di porgere il bastone del supremo comando della Repubblica Italiana che sta ritta dinnanzi a lui col capo. Al destro lato di essa si scorge il genio di lei che porge colla destra un ramo d’olivo al vicepresidente Melzi , il quale addita il Codice delle leggi ricevuto dal Bonaparte. Dietro di essa si veggono Marte Mercurio, Temi rappresentanti il bellico valore, l’Arte e la Giustizia. Nell’una estremità del quadro a sinistra alcune persone del Popolo, a destra alcuni soldati in varie divise e in diverso atteggiamento. In alto nel mezzo Minerva assisa su una nube e a sinistra Ercole, che mette in fuga i vizii. Eccovi cittadino, il mio lavoro, il quale desidero che possa riscuotere la vostra pubblica approvazione, e non sembrare affatto indegno della grandezza dell’argomento nell’atto che mi do l’onore di sottoscrivermi” (Scarabelli Zunti fine del XIX secolo, Callani…, ms. 116, cc. Q1-R1).
Sono parole che, oltre a dare misura del valore dell’opera in sé, denotano sicuramente una giovane artista di grande talento e consapevolezza, che può ben inserirsi, seppur in un ambito più provinciale, fra le più famose pittrici del ’700, quali la Carriera, la Vigée-Lebrun e la Kauffman.
Vera e propria figlia d’arte la Callani, in questo dipinto che ritrae il padre con la giubba da pittore, la tavolozza e i pennelli, all’interno dello studio, esprime con grande forza e intensità il rapporto, maestro-allieva, che li legava profondamente. Col busto ruotato, ma il volto quasi frontale, caratteristica ormai nota nella ritrattistica della pittrice, il ritratto del Callani colpisce per l’oggettività fisionomica descritta con acutezza e rigore realistico, resa attraverso un morbido chiaroscuro e da pennellate fluide e sciolte, evidenti soprattutto nei capelli e nella casacca, che ricordano non solo le soluzioni paterne, ma risentono delle esperienze dei maestri lombardi, quali l’Appiani e il Giani e altri ancora, conosciuti durante l’esperienza del concorso. Non manca un riferimento anche al recupero della cultura neoclassica e degli ambienti accademici, alla frequentazione dei quali il padre l’aveva guidata, si veda la statua antica che compare sullo sfondo a sinistra. Tutte le aspettative del genitore che, forse, aveva intuito nella figlia quel talento che l’avrebbe portata verso una proficua carriera, vennero dolorosamente tradite dalla prematura morte, e nel suo sguardo profondo sembra quasi potersi cogliere il triste presagio di tale infausto evento.