- Titolo: Ritratto del marchese di Astorga, Velada e San Roman
- Autore: Pietro Ronchi
- Data:
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 131 x 93
- Provenienza: acquistato da Giuseppe Mauroner di Bayonne nel 1842
- Inventario: GN 326
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Le vicende relative all’acquisto del dipinto iniziano nel 1838, quando Francesco Baldi presenta una prima volta i quadri del collezionista e antiquario Giuseppe Mauroner presso l’Accademia di Belle Arti di Parma (Atti… 1839-1846, c. 165).
La questione resta in sospeso per qualche anno, fino al 1842, quando le opere vengono finalmente acquistate con atto sovrano del 9 dicembre (ibidem, c. 203).
In seguito il ritratto compare sempre menzionato, dall’inventario manoscritto del 1852 (n. 418) ai successivi cataloghi di Pigorini, Ricci e Quintavalle, senza tuttavia suscitare un particolare interesse da parte degli studiosi, solo Ricci lo definisce opera di un certo pregio, malgrado si tratti di un dipinto interessante non solo dal punto di vista pittorico, ma anche sotto il profilo della testimonianza storica.
Poco o nulla si sa dell’artefice del ritratto, il pittore e incisore Pietro Ronche o Ronchi, che, stando alle esigue notizie, avrebbe operato come ritrattista e paesaggista intorno alla metà del XVII secolo, mentre non è attestata l’ipotesi avanzata da Iniguez, che ritiene l’artista ancora attivo all’inizio del XVIII secolo, a Verona, come pittore di soggetti sacri. Della sua produzione sono note esclusivamente due opere peraltro di medesimo soggetto: il Ritratto del marchese di Velada, in due versioni quasi identiche, una a metà figura conservata nella collezione spagnola dei conti de Cabras, l’altra presso la Galleria Nazionale, a tre quarti di figura, e un’incisione di riproduzione dello stesso ritratto. Gli esemplari presenti in Spagna sono stati rinvenuti da Iniguez, che ha raccolto anche alcune notizie relative al personaggio effigiato. Il nostro dipinto e l’incisione recano un’iscrizione che consente di identificare il personaggio nel marchese de Velada, morto nel 1689, figura politica di notevole rilievo alla corte spagnola, viceré di Napoli dal 1672 al 1675. In entrambi i ritratti il marchese appare effigiato in abiti di foggia spagnola, con la “golilla” candida, che spicca sull’abito incorniciando il volto austero del nobiluomo.
Sull’abito pende un prezioso ciondolo con l’emblema dell’Ordine di Calatrava, che si ripete, stagliandosi in grandi dimensioni, sulla cappa. Il marchese è raffigurato stante presso un tavolo rivestito da una preziosa coperta in velluto di seta, mentre lo sfondo appare definito da un ampio drappo. Il dipinto è concepito secondo i termini compositivi della ritrattistica ufficiale e caratterizzato dall’attenzione dedicata dal pittore alla definizione di quei dettagli che consentono di connotare l’alto rango dell’effigiato, tuttavia traspare una sensibilità nervosa di gusto più squisitamente barocco nella mano che si appoggia al tavolo, e un virtuosismo nella definizione dell’abbigliamento, che trova un accordo cromatico con lo sfondo della tela.
Il fatto che l’iscrizione rechi indicazioni sul luogo di esecuzione del quadro porterebbe a circoscrivere la datazione del ritratto all’epoca in cui il marchese de Velada si trovava in Italia, intorno al terzo quarto del XVII secolo. Rispetto al dipinto della collezione dei conti de Cabras, il nostro presenta un maggiore respiro dovuto all’inquadratura più ampia e alla maggiore definizione dell’ambiente. Secondo quanto osserva Quintavalle, l’artista tiene presenti gli aulici esempi della ritrattistica spagnola della metà del ’600, scelta probabilmente dettata dallo stesso committente, ma che potrebbe trovare utili riscontri nella produzione napoletana contemporanea.