- Titolo: Ritratto di Bartolomeo Prati
- Autore: Girolamo Mazzola Bedoli
- Data: 1540 ca
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 86 x 60
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851
- Inventario: GN779
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Negli inventari della collezione di provenienza e in quelli di Galleria era considerato ritratto di Bartolomeo Prati e attribuito a Girolamo Bedoli.
In modo incredibile Mortara lo considerò opera del Parmigianino. Per Ricci è da conservare con dubbio l’identificazione dell’effigiato, e per quanto riguarda l’attribuzione lo giudica una copia “piuttosto recente”. Infine Quintavalle lo attribuisce a un seguace di Mazzola Bedoli.
Il dipinto è stato rintelato ed effettivamente la pittura, nonostante il generico ma plausibile riferimento ai modi di Girolamo, risulta non priva d’impaccio in particolare nella fattura delle mani, ma è difficile dire se si tratta di un rifacimento di un quadro cinquecentesco risalente a un’epoca vicina a noi: in ogni modo non sembra una copia ottocentesca, opinione alla quale sembra alluda il Ricci.
Anche l’identificazione del personaggio ritratto proposta da Ricci è piuttosto improbabile: il Bartolomeo Prati del quale parla è quello al tempo celebre, che nacque a Parma nel 1471, morì nel 1542 e fu sepolto nella cripta della Cattedrale, con un bel monumento sepolcrale di Prospero Spani, commissionato con un contratto al quale fece da testimone Girolamo Mazzola Bedoli.
Il Prati fu inoltre apprezzato giureconsulto e luogotenente del Guicciardini allora governatore di Parma: l’ideazione del dipinto è riferibile a una data prossima al 1540 e si può per certi versi accostare al Ritratto di Luigi Borra di Girolamo anch’esso conservato in Galleria (inv. 305, scheda n. 190) e proveniente dalla stessa collezione Dalla Rosa-Prati: intorno a quella data il Prati era anziano e quindi non può in nessun modo rapportarsi alla nostra effigie.
L’identificazione con il Bartolomeo Prati che abbiamo ricordato, che fu molto probabilmente anche il committente dell’Ecce Homo del Correggio ora alla National Gallery di Londra (Muzzi 1995, p. 140) forse risale a qualche scritta connessa al dipinto quando si trovava nella collezione originaria; se dobbiamo riservare un certo valore a tale indicazione, è più probabile si tratti di un omonimo della stessa famiglia che nella stessa epoca aveva poco più di trent’anni.