- Titolo: Redentore
- Autore: Anonimo
- Data: XVI secolo
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 53 x 46
- Provenienza: Ignota
- Inventario: GN367
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
I forti legami con la pittura veneta hanno determinato l’antica attribuzione a Tiziano che il dipinto recava nell’Inventario generale corrente, dove è segnalato nella Sala del Trono.
Tale attribuzione fu mantenuta sino al catalogo del Quintavalle, il quale circoscrive il “venetismo” del dipinto all’ambiente di Paris Bordon di cui lo ritiene una copia pur non corrispondendo al dipinto di analogo soggetto del Museo dell’Aja né l’iconografia né lo stile.
Il dipinto sembrerebbe piuttosto collocarsi in un ambito stilistico di derivazione ferrarese. Vi si percepiscono ricordi düreriani che hanno subito lo stesso processo di raggelamento e semplificazione condotto dai ferraresi sulla pittura nordica; alcuni elementi possono ricondurre a Panetti, alla Madonna in trono col Bambino e due devoti del Museo della Cattedrale di Ferrara, che aveva a Parma una sorta di suo analogo, più provinciale, in Filippo Mazzola.
Ma la vitrea trasparenza degli occhi, la luminosità irradiante dagli incarnati, i toni sciolti in morbidi trapassi che hanno l’evanescenza traslucida della cera, sembrano indicare il più diretto ascendente in Boccaccio Boccaccino, per esempio nel Cristo benedicente della Cattedrale di Cremona.
Il Redentore di Parma rivela però uno studiato arcaismo che vorrebbe anticiparlo rispetto a una data di esecuzione che potrebbe essere avanzata sino al secondo decennio, come indicano i toni maturi di verde e di rosso.
L’opera fu probabilmente eseguita in origine su tavola, come sembrerebbe indicare l’anomala craquelure nella zona del paesaggio in alto a sinistra, e può aver subito, forse nel ’700, un trasporto su tela.