Il quadretto approda in Galleria nel 1834, proveniente dalla collezione Sanvitale portandosi dietro l’attribuzione ad Agostino Carracci (Catalogo… 1835, n. 82).

Sul retro, un sigillo rosso in ceralacca con l’emblema dell’Accademia di Parma indica che, al momento dell’acquisto, era stato richiesto il parere degli Accademici. Nel verbale dell’adunanza del 20 maggio 1834, infatti, il Corpo Accademico stabilisce “con piena concordia di giudicio il prezzo de’ novantanove capi” valutandoli per la “somma di novantaseimilaquattrocentotrenta lire nuove di Parma” e senza entrare nel merito delle attribuzioni. Come si precisa nel verbale, i professori della sezione di Pittura non intendono dare per i “varii lavori… né consentimento, né confirmazione in risguardo agli autori ai quali si trovarono attribuiti” (Atti… 1825-1838, c. 185).

Il riferimento ad Agostino Carracci, accolto da Ricci (1896, pp. 89-90), trova seguito ed è riproposto da Ghidiglia Quintavalle (1968b, p. 59) che sospetta nel “delizioso bozzetto” un collegamento con la decorazione del Palazzo del Giardino, interrotta per la prematura morte del pittore. Ma già si era pronunciata la voce fuori dal coro di Quintavalle (1939, p. 324, con bibl. prec.) che assegnava il dipinto a un “Fiammingo della fine del sec. XVI”.
A questa prudente sterzata verso il Nord aveva certo contribuito il suggerimento orale di Roberto Longhi – riportato nella scheda – verso David Teniers il Giovane. La lettura di Quintavalle si affatica, infatti, nella difficile mediazione tra l’attribuzione tradizionale ad Agostino e la nuova proposta longhiana. Passati tanti anni, sembra improponibile insistere sul nome di Agostino, mentre risulta più agevole recuperare l’indicazione, finora messa da parte, a David Teniers il Giovane.

Nel quadro di Parma, l’impasto pittorico denso, steso con pennellata veloce, i guizzanti tocchi di colore sui contorni e i rapidi rialzi di luce picchiettati qui e là sulle forme, la scala cromatica chiara, intonata su una qualità di grigio fra giallo-verdognolo, la resa del cielo e delle fronde sulla roccia avvertono consonanze con lo stile di David Teniers. Si veda, ad esempio, la tavola con l’Olfatto (Vienna, Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste) firmata dalla sigla dell’artista fiammingo.

A partire dal 1646 all’incirca, David Teniers aveva iniziato a lavorare per il nuovo governatore spagnolo dei Paesi Bassi meridionali, l’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, residente con la Corte a Bruxelles. Facendosi questo impegno sempre più stretto, si giunse nel 1651 alla nomina di Teniers a “Pintor da Camara” (pittore di Corte) e al suo trasferimento da Anversa a Bruxelles.
Fra i suoi numerosi incarichi, Teniers doveva sovrintendere alla galleria d’arte che l’arciduca Leopoldo Guglielmo andava costituendo, occupandosi anche dell’acquisto dei dipinti. In questo giro di anni, intorno al 1650, Teniers avvia la produzione dei quadri di “Cabinets d’Amateur” che illustrano la galleria arciducale. Sono quadri-cataloghi, immagini della collezione (Speth-Holterhoff 1957, pp. 128-160; Scarpa Sonino 1992, pp. 81-104). Nella stessa scia di interessi si ambienta il Theatrum Pictorium (Bruxelles 1660), il libro curato da Teniers con più di duecento incisioni a bulino che riproducono quadri della collezione di Leopoldo Guglielmo. Per la trascrizione incisoria, affidata a un’équipe di abili maestri fiamminghi, David Teniers esegue delle copie, di misure ridotte, dei quadri più pregevoli della raccolta: sono i cosiddetti pastiches, ora disseminati per il mondo. Solo di recente un gruppo di questi pastiches, otto piccole tavole, è stato studiato (Klinge 1991, pp. 278-295). Ed è a questo punto che la vicenda fiamminga, appena riassunta, si intreccia con il quadretto di Parma: dimensioni e supporto sono analoghi a quelli dei pastiches e vi si ravvisano coincidenze stilistiche (si veda soprattutto il Curio Dentato, di collezione privata, che Teniers aveva copiato da un dipinto di Andrea Schiavone, riprodotto a colori da Klinge 1991, pp. 288-289, scheda 100, e accompagnato dall’incisione corrispondente del Theatrum Pictorium).

La favola di Perseo e Andromeda, nel quadro di Parma, non trova nelle stampe del Theatrum un corrispettivo, ci sono però delle assonanze compositive. Si vedano, in particolare, le stampe “mitologiche” di Quirin Boel, tratte dal Ratto d’Europa di Tiziano e dal Perseo e Andromeda di Domenico Fetti.

Il rinnovato interesse per la pittura italiana può spiegare come nel Perseo e Andromeda di Parma si rifletta un’eco visiva dal riquadro di identico soggetto affrescato nella Galleria Farnese di Roma, ormai celebre in Europa, qui liberato dal gruppo delle figure di destra e solo incentrato sui protagonisti del mito.

Nella tavolina di Parma si può forse riconoscere l’originale rielaborazione, condotta sul filo della memoria, di un repertorio di composizioni, di gesti, di forme che allora circolavano nella mente e nella bottega di David Teniers.

L’esecuzione potrebbe spettare al celebrato maestro di Anversa oppure a uno degli artisti che lavoravano nel suo attivissimo atelier (Davidson 1980, in particolare il capitolo “Teniers’s Students, Collaborators and Followers”, pp. 55-63). Qualche scarto stilistico (la solidità del corpo femminile, il guizzante abbozzo rosato del Perseo, in volo senza l’alato destriero Pegaso) si potrebbe così intendere.

I pastiches piacevano ai collezionisti fiamminghi e olandesi e ce n’era grande richiesta (Scarpa Sonino 1992, p. 82; Vlieghe 1996, p. 463). L’ipotesi che la tavoletta di Parma possa essere legata al mercato dei Paesi Bassi è sollecitata dalla cornice. Pare seicentesca, di buona fattura e reca una decorazione floreale di tulipani dorati, su fondo scuro. Il richiamo è alla “tulipanomania” che dilaga nei Paesi Bassi del pieno ’600 (Schama 1988, pp. 357-373).

Attraverso quali vi è il quadretto perviene poi nella raccolta, ricca di paesaggi fiamminghi, del conte Stefano Sanvitale, collezionista e filantropo (Fornari Schianchi 1997a, p. XLIX), non è dato sapere. Importa sottolineare come l’argomento “cornice” si aggiunga a rafforzare la lettura qui proposta.

Bibliografia
Catalogo... 1835, n. 82;
Ricci 1896, pp. 89-90;
Quintavalle A.O. 1939, p. 324, con bibl.;
Ghidiglia Quintavalle 1968b, p. 59
Restauri
1968
Mostre
Parma 1968
 Scheda di Angela Ghirardi, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.