- Titolo: Ninfa addormentata sorpresa da due satiri
- Autore: Lorenzo Pasinelli
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- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: Ø cm 62
- Provenienza: Venezia, acquistato nel 1967 da Ettore Viancini
- Inventario: GN 1888
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Invano ostacolati da un amorino, due satiri si accostano al letto dove dorme una ninfa discinta (in genere identificata dalla letteratura come Venere), voltata di spalle verso l’osservatore. Il tema del desiderio maschile e dell’insidia nei confronti di una donna colta nel sonno rinvia al genere delle cosiddette “lascivie”, che a Bologna ha il suo punto di riferimento obbligato nella ben nota serie incisoria di Agostino Carracci.
La trattazione a monocromo rinvia in questo caso a un gusto che trova ampia diffusione nel tardo ’600, soprattutto per i bozzetti preparatori.
Venne acquistato presso l’antiquario Ettore Viancini di Venezia come opera di Lorenzo Pasinelli. In seguito però la Ghidiglia Quintavalle, su suggerimento di Miller (1968b), preferì riferirne l’esecuzione al suo allievo Giovan Gioseffo Dal Sole e come tale lo riproduceva anche Roli nel fortunato volume del 1977, notandone però la probabile dipendenza da un rame di Pasinelli, ora perduto ma di cui il biografo Zanotti fornisce una descrizione dettagliata (1703, p. 33). La paternità di Pasinelli stesso – a mio avviso corretta – è stata in seguito ripristinata tanto da Thiem (1990) che da Baroncini (1993), autrici di due complete monografie dedicate rispettivamente al Dal Sole e al Pasinelli; ma ricordo che in precedenza la stessa convinzione era già stata ripetutamente espressa da Carlo Volpe. Alla Baroncini si deve altresì la proposta di identificare questo monocromo con “un quadretto a chiaro scuro in forma ovale con una Venere volta in schiena di Lorenzo Pasinelli” registrato da Marcello Oretti (fine del XVIII secolo, c. 27) in casa del figlio del pittore, Lorenzo junior.
La fattura soffice eppure smaltata connota numerosi dipinti di Pasinelli, così come la morbida resa del nudo femminile, per la quale, a detta di Zanotti (1703, p. 33) che cita numerosi dipinti di soggetto simile a questo, il pittore si sarebbe ispirato alla “bella corporatura, carnosa e di colorito vivace” della seconda moglie. Un risultato in parte analogo si ritrova, con una fattura più greve che concordo con Baroncini (1993, p. 355, n. 93) a giustificare in base a una diversa datazione, in un altro monocromo dello stesso soggetto conservato in una collezione privata romana e in uno studio a olio su carta per una Donna giacente appartenente alla collezione Fachsenfeld di Stoccarda (ibidem, pp. 353-354, n. 92); ma si ricordino ancora, perché affini dal punto di vista tematico, le varie redazioni del Bagno di Diana e delle Ninfe che disarmano gli amori.
In questo caso la squisita eleganza dell’immagine, garbatamente profilata in controluce e accesa da vivide lumeggiature, è tale da anticipare le grazie settecentesche di Donato Creti.