- Titolo: Morte di Socrate
- Autore: Biagio Martini
- Data: 1791 (I premio)
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 100 x 148
- Provenienza: Parma, Accademia di Belle Arti
- Inventario: Inv. 4
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: L'Accademia
Il bando del concorso accademico per l’anno 1791 proponeva ai pittori di rappresentare “la morte di Socrate”, con il filosofo “in atto di por mano alla tazza presentatagli dal Custode della prigione” (Pellegri 1988, p. 262). Avrebbero commentato l’azione “co’ loro diversi atteggiamenti” (ibidem) la moglie e i compagni del filosofo.
Ottenne la prima corona, e con questa il diritto al pensionato di due anni a Roma, il pittore parmense Biagio Martini. Il talento del giovane artista fu notato da Antonio Ghidini, che affidò il pittore a Pietro Melchiorre Ferrari (1735-1787) “pregandolo […] ad averne una cura particolare” (Bertoluzzi 1980, II, p. 87).
Il temperamento vivace e capriccioso di Martini mise a dura prova la pazienza di Pietro Ferrari, che riconosceva però all’allievo un grande talento naturale, e ne parlava come del “solo alunno che avrebbe formata la gloria dell’Accademia, e l’utile della Patria” (Bertoluzzi 1980, II, p. 89). Alla morte del Ferrari, Martini fu educato direttamente da Ghidini e da Gaetano Callani (1736-1809), maestro del pittore a partire dal 1784. Corrispondente di Anton Raphaël Mengs e Antonio Canova, Callani era da poco rientrato in patria da un soggiorno romano, e rappresentava la figura di punta della pittura parmense del tempo. Martini partecipò al concorso dell’Accademia di Parma del 1790, ottenendo, con il suo Dedalo e Icaro, la seconda corona ex aequo con il pittore romano Antonio Corsi (cfr. scheda precedente). L’anno successivo il pittore vinse il primo premio con questa Morte di Socrate, di cui la Galleria di Parma conserva anche uno schizzo preparatorio (inv. 1237).
Per questo quadro il pittore fu lodato dai giudici “per aver con ricca, spiritosa, e pittoresca invenzione reso a meraviglia il fatto storico” (Pellegri 1988, p. 264). Martini orchestrò con abilità il gruppo di persone attorno al filosofo, rifacendosi, per le fisionomie dei personaggi e per la maniera di comporli in gruppi, a modelli di Callani. Il gesto teatrale del filosofo innesca nelle figure un moto centrifugo, che da solo indica le dimensioni e la profondità di uno spazio altrimenti non indagato in maniera coerente dalla luce. La scelta cromatica del pittore ha le sue basi nell’esempio di Callani, ma Biagio Martini evidenzia, con il suo colorito “robusto, caldo, e forte” (Pellegri 1988, p. 264) una finezza particolare nell’accostare le tinte. Efficace, dal punto di vista drammatico, il contrasto fra il “cuore freddo” del dipinto – Socrate investito di luce e fissato nel suo gesto caricato e fermo – e il contorno fluido e fiammeggiante della figura in rosso, che sfugge all’azione narrata. L’impianto del dipinto evidenzia il percorso del tutto personale del pittore verso una forma di Neoclassicismo eroico densa di riferimenti a modelli seicenteschi: Martini infatti “rimase sempre legato alla tradizione classicista locale” (Musiari 1986, p. 141).
Nello stile originale del pittore confluivano riferimenti eterogenei, tanto che Bertoluzzi riconosceva nella Morte di Socrate un “chiaroscuro veramente guercinesco” (1980, II, p. 91). La fluidità del disegno di Martini e la saldezza d’impianto, testimoniano la maturazione del pittore prima del soggiorno romano, fra 1792 e 1794, che filtra lo stile di Martini attraverso un aggiornamento su modelli di Pompeo Batoni. Tornato da Roma, nel giugno 1794, Martini diventava professore con voto dell’Accademia di Parma, impiego che mantenne anche dopo l’invasione napoleonica. Al culmine di una brillante carriera ricca di prestigiose commissioni sia in patria che fuori, ricoprì dal 1827 il ruolo di pittore di Corte di Maria Luigia.
(E.O.)