• Titolo: Martirio di san Bartolomeo
  • Autore: Giovanni Canti
  • Data:
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: cm 95 x 75
  • Provenienza: Parma, acquistato dall’antiquario Enrico Bassaretti nel 1963
  • Inventario: GN 1496
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

Il dipinto fu acquistato nel 1963 per 300.000 lire come autografo di Langetti, ma poi fu inventariato sotto il nome di Andrea Celesti. Malgrado le evocazioni venete di una pittura libera, cromaticamente accesa e apparentemente senza schemi rigidi di disegno, l’opera dovrebbe rientrare nella produzione del parmigiano Giovanni Canti, singolare e trasgressiva figura della fine del XVII secolo, finora noto soprattutto come maestro di un altro originale, lo Schivenoglia mantovano.

Nella sua attività di pittore è rimasto apprezzato, a partire dai tempi di Lanzi, solo per le battaglie, mentre il suo genere sacro, documentato soprattutto a Mantova, è subito passato in ombra per le evidenti ragioni di decoro e convenienza delle epoche successive alla sua. Canti si va in ogni caso recuperando da uno stato di oblio e sottovalutazione ingiustificato, rivelandosi sorprendente e originale pittore, come nelle pale con San Fernando e San Nicola (quest’ultima attribuita da Angelo Mazza), recentemente restaurate nel santuario della Beata Vergine della porta a Guastalla.

Con una di esse appunto, raffigurante San Fernando che riceve le chiavi di una città, tradizionalmente riferita all’artista, sembra di poter trovare sufficienti elementi giustificativi anche per la tela di Parma, come nell’inconfondibile testa di cavallo dall’occhio truce, tipica sigla del Canti battaglista. Alla pittura di Canti corrisponde anche il colore bruciato, il cielo tempestoso, la ferocia ingenua della composizione, quasi un Apollo e Marsia rovesciato nei ruoli e rusticamente interpretato, pur tenendo conto che il dipinto è piuttosto abraso su una preparazione di bolo d’Armenia e che per le diverse vicende subìte, e oggi non più facilmente ricostruibili, i rapporti cromatici si devono essere impoveriti e induriti. L’opera è l’unica nota del pittore conservata casualmente a Parma, sua città d’origine. La figura del carnefice sembra in qualche modo ispirata da quello del dipinto di Paolo Emilio Besenzi in San Pietro di Reggio Emilia.

Bibliografia
Inventario… s.d.
Restauri
1963-64
Scheda di Sergio Marinelli, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.