- Titolo: Madonna con Bambino e santa Barbara
- Autore: Michelangelo Anselmi
- Data: 1530 ca
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 211,8 x 137,8
- Provenienza: Parma, ex chiesa del Carmine; a Parigi nel 1803; in Galleria dal 1816
- Inventario: GN72
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Arte a Parma 1500-1600
Il dipinto venne eseguito per l’altare della prima cappella a destra della chiesa del Carmine a Parma, intitolata a Santa Barbara; nel 1803 venne selezionato, assieme ad altre undici pale d’altare di chiese e conventi soppressi dalle disposizioni napoleoniche, per essere inviato a Parigi, poiché in esso si videro “…trés belles choses, et l’on voit que l’auteur s’y est efforcé d’imiter le Parmisanin” (Liste… 1803). Nel 1816 venne restituito all’Accademia di Parma e da allora si trova in Galleria.
La letteratura critica lo ha concordemente ritenuto uno dei capolavori di Michelangelo Anselmi: in esso, infatti, il pittore senese raggiunge compiutamente quella sintesi fra i toni sereni del naturalismo emozionale di Correggio e gli acuti accenti dell’astratta e intellettuale ricerca estetica di Parmigianino che conferisce al suo linguaggio figurativo una singolare originalità.
In particolare la Ghidiglia Quintavalle (1960b) e la Fornari Schianchi (1983) hanno colto, nelle modalità compositive e negli sviluppi formali della tavola di Anselmi, significative tangenze con la Madonna di san Gerolamo (1527-28) (vedi scheda n. 149) di Correggio e con la Madonna di santa Margherita (1529-30) di Parmigianino che suggeriscono per il nostro dipinto una datazione non anteriore al 1530.
La matrice correggesca si evidenzia nell’articolata disposizione delle figure, ordinate secondo un ritmo che elude ogni rigidità simmetrica senza negare la misura classica, nella dolce bellezza del viso della Vergine, nell’espressiva fisionomia del volto di san Giuseppe, nella vivace esuberanza del piccolo Gesù, che cerca un affettuoso contatto con Giuseppe, o dell’angelo in primo piano, che stringe a sé la torre di santa Barbara quasi fosse un giocattolo. E il debito con Parmigianino si palesa evidentissimo nelle flessuose, sbilanciate pose dei santi, i cui corpi sembrano fluttuare sopra il terreno accidentato, nella raffinata grafia dell’acconciatura e del profilo di Santa Barbara, nell’ostentato allungamento delle forme, nella ricerca di scorci sofisticati.
Nel dipinto in esame appare invece poco sviluppato l’interesse per il paesaggio che in altre opere degli Anni trenta – si vedano in particolare il Battesimo della chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, i Santi Gerolamo e Caterina della Pinacoteca di Brera, gli affreschi dell’oratorio della Concezione o quelli di Palazzo Lalatta – evidenzia l’apertura dello stile di Anselmi anche verso suggestioni ferraresi e venete. E sul finire del decennio lo stile del pittore senese giunge alla sua piena maturazione: nelle salde, maestose figure dei Padri della Chiesa dipinte ad affresco nella cappella della Concezione della parrocchiale di Busseto si avverte, infatti, la ricerca di una nuova, più vigorosa impostazione della composizione che trae spunto dal confronto con le opere del veneto Pordenone. Ancora una volta, dunque, Anselmi avverte la necessità di rivedere e aggiornare la sua lingua e ancora una volta la riforma avviene attraverso un processo di sintesi e non di pura imitazione: le figure infatti assumono un’inedita monumentalità, una nuova più complessa impostazione spaziale senza che le forme perdano l’originaria, elegante lievità e che la stesura pittorica smarrisca il vibrante tonalismo della tradizione senese.