La quantità dei numeri d’inventario a tergo fa pensare a una lunga permanenza in una quadreria patrizia. In Galleria l’opera stette dal 1821 al 1851 (quando fu portata a Colorno) e dal 1865 in poi.

Creduta originale dallo Schulze, è invece copia cinquecentesca di un quadro firmato pubblicato nel 1914 dal Phillips (1914, pp. 3-4) che l’aveva notato a un’asta e lo fece acquistare per la collezione Faudel-Phillips a Balls Parks (Hertfordshire) da cui nel 1941 è passato alla National Gallery di Londra. Fu ritenuto da taluni (McComb, Lasareff, Emiliani) una delle due Madonne che l’artista dipinse – a detta del Vasari – per Bartolomeo Panciatichi (l’altra è la n. 8377 degli Uffizi). Oltre questa, un’altra copia è segnalata da Emiliani nella collezione Cornwallis-West di Lymington, mentre una variante firmata di provenienza fiorentina è passata a un’asta Christie’s di Londra del 20 marzo 1964, lotto 90 (Baccheschi). La copia parmense, più piccola dell’originale, manca della testa di sant’Elisabetta che nel quadro firmato si affaccia dietro la spalla sinistra della Vergine. La materia compatta, dura e smaltata fa pensare alla mano di Giovanni Maria Butteri o di Cristofano dell’Altissimo, fedeli seguaci e collaboratori del Bronzino.

Iscrizioni: sul retro, a pennello, vari numeri antichi: 5596, 702, 1811 neri barrati in nero, 609. e 78. neri, 621 grigio barrato nero, 1816 rossiccio barrato nero

Scheda di Silvia Meloni Trkulja tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.