• Titolo: Madonna col Bambino e i santi Anna e Giovannino
  • Autore: Anonimo toscano
  • Data: Secondo decennio del XVI secolo
  • Tecnica: Olio su tavola
  • Dimensioni: cm 48,5 x 57,9
  • Provenienza: Parma, collezione Sanvitale, 1834
  • Inventario: GN 206
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

La Madonna tiene in braccio il Bambino e circonda con l’altro braccio san Giovannino; in secondo piano sta sant’Anna.

Il tema della Madonna con i due bambini, si sa, fu introdotto dal Lippi, lanciato in modo innovativo dal Botticelli, canonizzato da Leonardo e da Raffaello, fino a diventare un sublime esempio seguito fino alla metà del ’500, cioè fino a quando svanisce il grande e classico naturalismo. L’autore di questo quadro è ancora sotto il fascino dei sommi maestri fiorentini sia per il soggetto sia per il comporre, tuttavia la serenità di ascendenza raffaellesca e la giocosità si velano di inquietudine per l’assenza di uno sfondo naturale, per le non tenui ombre sulle orbite e sui volti, per una gestualità non pregnante. Il Bambino si protende verso qualcosa posto fuori dallo spazio attuale del quadro che fa pensare a una parte inferiore mancante; le stesse teste femminili sono al limite della superficie dipinta. L’accostamento di sant’Anna alla Madonna con i due bambini deriva dal modello raffaellesco della Madonna Canigiani del Louvre, dove però è presente anche san Giuseppe al centro della struttura piramidale. Qui sant’Anna con gli occhi semichiusi e un volto vecchio e quasi sofferente (non può essere sant’Elisabetta, poiché sarebbe, come di consueto, presso il proprio figlioletto) è meno matrona, è emarginata dal gruppo, non esprime il sentimento di compiacimento verso la figlia e il Bambino, non è partecipe di quell’atmosfera giocosa e familiare, che il suo ruolo determina. Non è nemmeno immediato il senso delle tre età, che sant’Anna introduce con la sua compresenza. La Madonna stringe a sé i due bambini con un gesto simbolico, ma anche marcatamente psicologico. Gli incarnati integri e le raffinate mani della Madonna attestano un pittore di buone qualità.

Il Ricci commenta dicendo che “da taluni è stato attribuito ad Andrea Sacchi romano; da altri a Domenico Puligo fiorentino. I più ritengono che non sia né del Sacchi, né del Puligo”; egli non si spinge però a rivelare una sua ipotesi definitiva né quella dei più. L’autore è fortemente immerso nella compagine fiorentina postraffaellesca ed è vicino a quella evoluzione verso scurimenti e inquietudini avviata da Andrea del Sarto, da cui partirono poi i veri manieristi; sembra comunque un pittore più riconducibile ai modi sarteschi e quindi al Puligo, il quale entrò nella sua bottega verso il 1517, più che non ad altri ancora legati alla tradizione quattrocentesca, come Fra Bartolomeo.

Scheda di Stefano Pronti tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.