- Titolo: Madonna col Bambino, detta la Zingarella
- Autore: Giovanni Luteri, detto Dosso Dossi
- Data: Secondo decennio del XVI secolo
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensioni: cm 49 x 34
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851
- Inventario: GN395
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: La pittura emiliana 1200-1500
Sostenuta da una fitta bibliografia, quest’opera ha oscillato fra i due fratelli Luteri per oltre mezzo secolo prima di approdare definitivamente al Dosso, sulla scia del parere di Roberto Longhi (1956).
La sua datazione è assegnata dalla Mezzetti intorno al 1519, mentre Ballarin anticipa il dipinto agli anni 1515-16, quando già il pittore era residente alla corte di Ferrara e si stavano apprestando i famosi camerini di Alfonso I d’Este per i quali lo stesso Tiziano era chiamato a lavorare in castello.
La tavoletta si situa entro quella produzione di piccolo formato dell’artista – cara anche al fratello Battista – nella quale più forte è la seduzione del paesaggio e che molta fortuna ebbe a corte, come dimostra il lungo elenco di operette esibite nell’inventario delle pitture famose del nobile appartamento del Palazzo Ducale di Modena, redatto nel 1663 dal consegnatario delle collezioni, don Giovanni Donzi, ove sono ricordati dipinti attribuiti ai Dossi provenienti da Ferrara (Bentini – Curti 1990). Ballarin avverte giustamente la necessità di distinguere questa folta produzione in gruppi di opere omogenee, ma non per soggetto, bensì per scansione cronologica a confronto con prove di maggior formato.
La Zingarella di Parma, resa con forte luminosità di tocchi e velocità di pennellata, mostra Dosso ormai maturo in quel suo inconfondibile modo di dipingere le frasche come di rialzare i toni dei particolari in luce (le frange del lenzuolino o gli arbusti in primo piano), anche se la cifra compositiva registra ancora un modellato chiuso e serrato. È forte il venetismo del paesaggio, prossimo a quello delle Tre età di New York, mentre nel dolce gesto della Vergine assorta, di un ovale fisionomico alla Mazzolino, si potrebbe sorprendere un’affinità con il giovane Correggio delle prime riconosciute Conversazioni piuttosto che un riflesso dell’Aspertini, come intravvedevano Arslan (1957) e Mezzetti (1965), che allacciavano questo esemplare a quello dell’Institute of Art di Detroit, più ricco di particolari, ma di qualità meno elevata, nel quale indubbiamente il sapore grottesco del bolognese trascina Dosso verso una interpretazione rusticana del soggetto.
Il recente ritrovamento della data di inizio del Polittico Constabili, finora ritenuto opera eseguita nel terzo decennio del secolo in collaborazione con il più anziano Garofalo – fissata invece al 1513 – avvalora l’ipotesi di un anticipo di questa tavoletta nella quale il piccolo gruppo sembra anche orecchiare, per difetto, la raffaellesca Madonna del diadema.