• Titolo: Madonna col Bambino in trono e i santi Giovanni Battista, Cosma, Damiano, Apollonia, Caterina e Giovanni Evangelista
  • Autore: Cima da Conegliano
  • Data: Primo decennio XVI secolo
  • Tecnica: Olio su tavola
  • Dimensioni: 209 x 125
  • Provenienza: Parma, Cattedrale (cappella Montini); trasportata a Parigi nel 1803; in Galleria nel 1815
  • Inventario: GN360
  • Genere: Pittura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: La pittura veneta 1200-1500

Nel 1505 Bartolomeo Montini, canonico del Capitolo della Cattedrale e protonotario apostolico (membro di una famiglia influente a Parma e culturalmente legata ai circoli umanistici), ottiene i diritti sulla prestigiosa cappella posta nel transetto meridionale, e si affretta a commissionare sia il proprio monumento funebre (a Giovan Francesco d’Agrate), sia la pala destinata all’altare, tanto che nel 1510 (Humfrey 1983) la nuova sistemazione viene considerata perfectam.

Sul sepolcro inoltre compare la data del 1507, ed è intorno a questi anni quindi che va situata l’esecuzione della pala di Cima, richiestagli da Montini, che aveva probabilmente avuto occasione di ammirare in loco la tavola già eseguita per i frati dell’Annunciata. Per questa destinazione di alto profilo Cima sceglie un’impaginazione assolutamente “classica” e nello stesso tempo singolarmente “alla moda”; è evidente infatti, ed è più volte stata sottolineata, la derivazione strutturale dalla pala del 1505 di Giovanni Bellini in San Zaccaria. Ma se tale evidenza è innegabile, esiste forse una ragione più profonda ed estetica nella scelta da parte dell’artista di sistemare i suoi protagonisti, così eleganti e misurati nei gesti, in una grandiosa abside rinascimentale, resa più sofisticata e “veneziana” dal finto mosaico con la Deesis.

E cioè la volontà illusionista, e scenografica, di accordare ciò che si vedeva sulla tavola all’ambiente circostante (l’abside “reale” della cappella), raddoppiandone l’effetto di profondità e ampiezza, effetto che veniva ulteriormente accresciuto dalla disposizione a semicerchio continuo dei santi. L’illusione, o più modernamente il décor, doveva regolare altri registri: la risonanza fra i motivi decorativi della pala (i finti mosaici ad esempio) e i dipinti murali; ovvero il gioco della luce che, come da vera finestra, entra da sinistra, avvolgendo di luminosità la Vergine col Bambino e il tenero angelo musicante seduto sul gradino del trono, giocando di ombre portate e di tessere luminose sugli altri santi (era Longhi a sottolineare, nel 1946, l’alta misura di quell’ombra così “vera” che il corpo proteso del Bambino disegna sul volto di Sant’Apollonia). Tanto intenso e raffinato, peraltro così perduto oggi, l’intreccio fra il testo dipinto e il luogo cui era destinato da non potersi escludere (Humfrey 1982, 1983) un viaggio di Cima a Parma e un suo intervento, magari solo con disegni, nella progettazione delle pitture ad affresco.

Scheda di Luisa Viola tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere dall’Antico al Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1997.