- Titolo: Madonna col Bambino e san Gerolamo
- Autore: Anonimo parmense
- Data: Metà del XVI secolo
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensioni: cm 56 x 43
- Provenienza: Parma, collezione Dalla Rosa Prati, 1851 (?)
- Inventario: GN389
- Genere: Pittura
- Museo: Galleria Nazionale
- Sezione espositiva: Deposito
Indicata negli inventari della Galleria come opera di scuola parmense, la piccola tela raffigurante una Madonna che abbraccia Gesù bambino con, sullo sfondo, un San Gerolamo penitente, è avvicinata dal Ricci (1896), che nella figura di Maria individuava una delle tante variazioni della Zingarella del Correggio (Napoli, Capodimonte), alla maniera del Rondani.
Non smentisce lo studioso ottocentesco il Quintavalle (1939), che conferma la derivazione dall’artista parmigiano e suggerisce qualche riferimento anche al fare dell’Anselmi. Pur non variandone l’ambito, la Ghidiglia Quintavalle (1968d), che vede il quadro ripulito dagli annerimenti e dalle pesanti ridipinture, lo considera più vicino alla maniera di Girolamo Bedoli, soprattutto nella resa del santo. Le indicazioni della Quintavalle sembrano trovar conferma se si accosta la figura di San Gerolamo a un disegno a matita conservato presso la Galleria Nazionale di Parma (inv. 511/8) indicata di autore incerto ma che Giovanni Godi in un suo articolo del 1976 relativo all’individuazione di alcuni nuovi disegni di Anselmi, di Bernardino Gatti, di Gambara e di Bedoli, ha voluto restituire al catalogo dei disegni dello stesso Bedoli. Sulla base di quest’ipotesi attributiva, che peraltro non è confermata dal Di Giampaolo nei suoi recenti studi sul maestro parmense, si possono individuare alcuni punti di contatto fra il San Gerolamo del dipinto e quello del disegno, come ad esempio la postura del santo e il modo in cui è tenuto il Crocifisso, benché siano ben evidenti alcune incertezze grafiche nella resa della figura. Colpisce nel dipinto lo scarto qualitativo fra l’aggraziata figura di Maria, di chiara matrice correggesca e assimilata dalla Ghidiglia Quintavalle ad alcune Madonne dei Carracci, caratterizzata da una certa scioltezza compositiva e dai leggeri tocchi di luce che ravvivano le pieghe dell’abito e del velo, e quella del Bambino, le cui forme sono delineate, nonostante l’evidente allungamento tardomanierista, con rigidità e goffaggine. Sono questi aspetti, unitamente al tentativo di sfrangiare pittoricamente i contorni lineari delle figure, come ben si evidenzia nelle capigliature, che ci inducono, concordemente con quanto proposto dal Quintavalle, ad avvicinare il quadretto dell’anonimo parmense al fare artistico dell’Anselmi. Mentre nel paesaggio, ottenuto con leggere pennellate sui toni dell’azzurro, si possono ravvisare echi della pittura ferrarese di pieno ’500.
Il dipinto di cui non è nota la provenienza, ma si trovava in Galleria già nel 1875, si potrebbe forse identificare con quello indicato nell’Inventario della collezione Dalla Rosa-Prati al n. 39 con la dicitura “Madonna col Bambino che abbraccia il Bambino e S. Gerolamo in lontananza”, attribuito impropriamente al cavalier Liberi.