Dell’artista non conosciamo la data di nascita che il Malaspina (1869) indica, senza precisare la fonte, nel 1489; è comunque molto probabile che fosse nato negli ultimi anni del ’400 o più avanti visto che conosciamo soltanto opere riferibili non prima di una data intorno al 1530. Primo biografo del Gandini è l’Orlandi (1719, pp. 194-195) che dice l’artista mantovano e scolaro del Correggio: “autore di buona classe del quale niuno ha mai parlato”; fra i suoi dipinti nomina la Sacra Famiglia con san Michele arcangelo della Galleria, un altro non precisato nella Galleria Ducale che era stato disegnato e ritoccato dal Correggio e una pala nella chiesa di San Pietro a Parma raffigurante la Madonna fra i santi Giovanni Battista e Cristoforo.

Le prime notizie documentarie risalgono al 1532, quando viene nominato dalla madre Lucrezia del Grano procuratore per alcune questioni d’eredità: da questo momento è ipotizzabile che utilizzasse anche il cognome materno. Al 1535 risalgono due fondamentali notizie sull’attività dell’artista: esegue un Crocifisso per la chiesa di Santa Maria della Steccata (opera della quale non sappiamo nulla) e riceve un’importante commissione dai Fabbricieri della Cattedrale. È questa la prima notizia rilevante che riguarda la sua carriera: era da poco morto il Correggio e il Gandini del Grano viene incaricato di dipingere la cappella maggiore e la tribuna della più importante chiesa della città, complesso decorativo lasciato interrotto dal grande maestro (Affò 1796, p. 27; il contratto della commissione è pubblicato in Pungileoni 1817-1821, I e III, pp. 29-30). Questa commissione, che lo qualifica effettivamente come successore e seguace del Correggio, non fu nemmeno cominciata dal Gandini del Grano: infatti sappiamo che il pittore morì soltanto due anni dopo lasciando il figlio Giovan Francesco nell’obbligo di restituire i soldi che aveva ricevuto dai fabbricieri della Cattedrale senza aver potuto eseguire il lavoro.

Come abbiamo accennato non sappiamo presso quale artista si formò, ma le opere che ci restano testimoniano un interesse per il Correggio che va al di là della citazione episodica; intorno al 1530 e negli anni che seguirono immediatamente la scomparsa dell’Allegri è infatti fra i pochi in grado di citare con talento le sue invenzioni.

Non ci sono menzioni di questo delizioso dipinto del Gandini, complessivamente in buono stato, fino a quando non giunse nel 1851 alla Galleria di Parma dalla collezione Dalla Rosa-Prati. L’opera non ha mai suscitato problemi attributivi e le proposte si sono concentrate fino a oggi sulla datazione. Ad esempio Riccomini data il dipinto all’inizio degli Anni trenta, quando ancora non si avverte il fascino del Parmigianino, ma piuttosto  è predominante quello del Correggio.

Credo che si possa precisare questa indicazione perché sul libro aperto mostrato da san Giovannino al Bambino Gesù appare in fondo alla pagina – appena distinguibile nei caratteri “allusivi” di questi testi che sono presenti nelle pitture cinquecentesche – la data 1529 preceduta dall’abbreviazione di “anno domini”. Questa data, per ora l’unica che conosciamo nelle opere certe del Gandini, è plausibile alla sua vicenda biografica e per i riferimenti al Correggio presenti nel dipinto, dall’impianto generale derivato dal Matrimonio mistico di santa Caterina di Parigi, ai rapporti di tipo dolcemente affettivo fra i personaggi della scena che risalgono all’esempio della Madonna di san Gerolamo del Correggio, a certe movenze (del Bambino in particolare) ricollegabili alle invenzioni per la cupola correggesca della cattedrale; a questo proposito vediamo che il pittore tenne presente l’angelo sotto il san Giovanni Evangelista e il sant’Agostino nel pennacchio della cupola di San Giovanni o, attraverso una rotazione, la posizione del Ganimede di Vienna. Grazie all’individuazione della data 1529 fra le righe del testo, il Gandini si confermerebbe proprio come un valido seguace del Correggio attento alle sue piuttosto recenti creazioni. Anche lo sfondo di vegetazione è riconducibile a esempi del grande emiliano, mentre la pittura compatta e basata su accordi freddi, rimanda allo stile di Giulio Romano. Questo dipinto sembra connesso strettamente con il disegno rappresentante una Madonna col Bambino (Oxford, Christ Church, inv. 1161, riconosciuto da Oberhuber) che presenta comunque una diversa impostazione dei personaggi. Il Ricci considera la santa a sinistra Maria Maddalena e crediamo giustamente per l’aspetto in generale e per le ricche vesti, che appaiono anche nell’altro dipinto simile della Galleria.

Scheda di Andrea Muzzi tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.