Il dipinto, raffigurante una Maddalena a mezza figura, nel primo inventario della collezione Sanvitale stilato dal pittore Filippo Morini nel 1830 era genericamente indicato come “copia poco buona dal Parmigianino”.

Nel successivo elenco, compilato nel 1834 sotto il diretto e attento controllo del direttore dell’Accademia di Belle Arti Paolo Toschi per il definitivo acquisto della raccolta, la stessa opera, sempre stimata di scarso merito, fu attribuita al pittore bresciano, discepolo del Moretto, Luca Mombelli (1518/1520-?).

Pur annotandone la non elevata qualità, né il Ricci (1896) né il Quintavalle (1939) respingevano l’eventuale attribuzione della tavola all’artista lombardo. In assenza di più puntuali riferimenti e per l’irreperibilità di ulteriori indicazioni critiche al riguardo, ci sembra alquanto incongruo non solo il diretto riferimento al Mombelli, ma anche un eventuale più generico avvicinamento dell’opera in questione alla sua produzione artistica, in cui il saldo classicismo formale e l’attento realismo dell’arte morettiana vengono tradotti e trasformati in monotone e minuziose descrizioni di piccoli dettagli e particolari (interesse che il Mombelli probabilmente deriva dalla sua iniziale attività di intagliatore), come si ravvisa nella sua Presentazione al tempio (Brescia, Pinacoteca). Tutt’altro che attento alle minuterie descrittive si dimostra, invece, l’esecutore di questa tavola che – nonostante l’impacciata anatomia della figura, la languida espressione del volto e la modesta stesura pittorica – sembra desumere l’iconografia della Maddalena da una delle tante variazioni, a mani giunte ovvero con le mani incrociate sul seno, eseguite dal pittore lombardo Giampietrino attivo agli inizi del ’500.

I suoi modelli, come la Maddalena della Pinacoteca di Brera o ancora quella di Firenze in collezione privata (Mosco 1986, pp. 56-57), proprio per quella languida e patetica espressività della santa, trovarono vasto consenso e furono ripetutamente riprodotti e interpretati, anche da maestri di esigue capacità, come nel nostro caso, per tutto il ’500 e più oltre fino alla metà del ’600.

Scheda di Cristina Quagliotti tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.