La provenienza del dipinto non è sicura; se l’Inventario corrente della Galleria ne indica un’ipotetica origine dal Guardamobile ducale, il catalogo del Ricci (1896) non dà indicazioni in proposito.

Dall’11 marzo 1929 l’opera è in deposito presso la Presidenza della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Parma.
Il riferimento all’ambito guercinesco ha trovato concordi fin dall’800 i redattori degli inventari e dei cataloghi della Galleria che hanno ritenuto di assegnarlo alla Scuola del Guercino (Martini 1872; Inventario… 1892) o addirittura al maestro (Martini 1875; Pigorini 1887).

Se quest’ultima ipotesi non può oggi essere accettata, gli evidenti caratteri guercineschi rimandano indubbiamente al suo entourage. In particolare, una certa fissità dello sguardo e la staticità della posa risultano affini alla produzione di Bartolomeo Gennari (Cento 1594-Bologna 1661), cognato e collaboratore del Guercino e misurato imitatore della sua attività matura, ai cui accenti classicisti sembra rifarsi anche questa Maddalena dai capelli ramati. Alle poche opere sicure di Bartolomeo, come la Madonna del Carmine e le anime del Purgatorio della parrocchiale di Buonacompra, della fine degli Anni trenta (cfr. Bagni 1986, tav. 96) rimandano anche i panneggi ampi e spigolosi della veste dorata e profilata di velluto rosso, la tipologia delle mani (soprattutto quella che allude alla visione estatica della santa) e la profilatura convenzionale delle ombre. Ma l’assegnazione diretta a Bartolomeo viene impedita dalla stesura eccessivamente alabastrina del volto, diversa da quella più lievitante e brunita adottata nelle poche opere sicure, come l’Incredulità di san Tommaso (Bagni 1986, tav. 99), assegnatogli dalle fonti settecentesche (Monteforti 1755, c. n.n.; Righetti Dondini 1768, p. 19). Il dipinto non è in buone condizioni di conservazione; la superficie pittorica eccessivamente prosciugata e opaca, che pure non nasconde la cromia accesa delle vesti della santa, consente appena di individuare dietro la figura femminile il tronco contorto di un albero e una proda erbosa.

Pur nella sua fattura corrente l’opera è indice della fortuna incontrata dal seguito del Barbieri presso le più varie committenze, per l’accattivante bellezza delle immagini devozionali muliebri proposte dal Guercino.

Bibliografia
Martini 1872, p. 65;
Martini 1875, p. 16;
Pigorini 1887, p. 16;
Inventario… 1892, n. 149;
Ricci 1896, p. 86
Scheda di Fiorella Frisoni, tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Seicento, Franco Maria Ricci, Milano, 1999.