Il dipinto, già nella collezione Dalla Rosa-Prati di Parma, dove era considerato del Parmigianino (Inventario… 1851), è stato acquistato per la Galleria nel 1851 (Ricci 1896).

Già il Martini (1875) lo attribuiva al Bedoli, vedendo confermata dalla critica successiva la sua attribuzione, dal Ricci (1896) al Testi (1908), dal Quintavalle (1935) al Suida (1935), e più di recente dalla Mattioli (1972). Sempre al Martini si deve l’identificazione dell’effigiato con il poeta parmigiano Luigi Borra (1517-1545), confermata dal confronto col ritratto del Borra nel frontespizio delle sue Amorose rime, pubblicato a Milano nel 1542 (Martini 1875). Il ritratto, nel modellato e nei lineamenti, così come nel colore della carne, si avvicina ai dipinti della prima metà degli Anni quaranta, come la Madonna col Bambino e san Bruno (Monaco, Alte Pinakothek, inv. 5289) e ancor più rivela precisi riferimenti, nella morfologia come nella tecnica, alla Allegoria dell’Immacolata Concezione (inv. 141, scheda n. 183). Per il Quintavalle (1939) il ritratto “di tono dorato e colore perlaceo, ha una finezza ed una intensità di espressione peculiari al miglior Gerolamo…”.

Una datazione a poco dopo il 1535, quando il poeta non era ancora ventenne, ci sembra la più probabile.

Scheda di Mario di Giampaolo tratta da Fornari Schianchi L. (a cura di), Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere Il Cinquecento, Franco Maria Ricci, Milano, 1998.