• Titolo: Ludovico Filippo di Borbone
  • Autore: Anonimo
  • Data: fine XVIII secolo
  • Tecnica: Marmo di Carrara
  • Dimensioni: h cm 88 (compresa la base)
  • Provenienza: collezioni ducali; Parma, Biblioteca Palatina, 1868; Museo di Antichità; in Galleria dopo il 1958
  • Inventario: Inv. 1868
  • Genere: Scultura
  • Museo: Galleria Nazionale
  • Sezione espositiva: Deposito

L’effigiato è il giovane e sfortunato secondogenito di Don Ferdinando e Maria Amalia d’Asburgo (per un profilo biografico cfr. Lasagni 1999, II, pp. 638-641). Nato nel 1773 e destinato alla successione ducale, molto presto si manifestarono in lui i segni dell’epilessia (pare a causa d’una violenta caduta quando aveva circa dieci anni) che lo avrebbe portato alla tomba all’età di trent’anni, nel 1803, appena un anno dopo il padre.

Coltivò con passione interessi per le scienze naturali, la botanica, la chimica, corrispondendo anche con alcuni illustri scienziati del suo tempo, come Lazzaro Spallanzani, e fu molto amante della musica (sembra che suonasse molto bene il clavicembalo). Nel 1795 si recò in Spagna per sposare la cugina Maria Luisa di Borbone, figlia di Carlo IV, e nella capitale iberica si trattenne fino alla fine del secolo: insieme alla moglie, che tiene in braccio il figlio Carlo Lodovico (nato nel 1799), venne ritratto da Francisco Goya nel celebre dipinto con La famiglia di Carlo IV, eseguito dall’artista fra il luglio 1800 e il giugno del 1801 (Madrid, Museo del Prado; è il secondo personaggio da destra). Ludovico è effigiato fra l’altro anche in uno degli straordinari studi dal vero del maestro, conservato anch’esso al Prado (cfr. da ultimo Reuter 2000, pp. 80-81, n. 21).

Lo sconvolgimento della geografia politica europea a seguito delle campagne napoleoniche fece sì che, a norma del trattato di Aranjuez, venisse assegnata al giovane la Toscana al posto di Parma (che, dopo la morte di Don Ferdinando, sarebbe passata ai francesi); nel 1801 intraprese dunque con la moglie e il figlio il viaggio per prendere ufficialmente possesso del Regno d’Etruria, passando per Parigi e soggiornando per circa un mese a Parma (a partire dal 15 luglio). Nella città emiliana Ludovico visitò la Biblioteca Palatina e la tipografia di Giovambattista Bodoni, il quale fece dono al sovrano di una incisione col suo ritratto eseguito per l’occasione da Francesco Rosaspina (Parma, Biblioteca Palatina, Fondo parmense, n. 277).
Nella stampa il giovane re d’Etruria appare ripreso di profilo, con un aspetto e un costume molto vicini a quelli che mostra nel nostro busto che, se eseguito a Parma, potrebbe essere stato sbozzato nel corso di quell’estate.

Il Borbone, il viso dall’ovale allungato, i capelli liberi sulla fronte secondo la moda del tempo, le sopracciglia folte e marcate, il naso potente, la bocca con il labbro inferiore prominente (forse un’eredità asburgica della madre), indossa un’elegante uniforme, sopra cui è drappeggiato un mantello con l’interno rivestito di ermellino; appuntate sul petto sono numerose insegne di ordini cavallereschi: sono riconoscibili l’Ordine dell’Annunziata, quello del Santo Spirito, la Croce di Santiago, l’Ordine di Carlo III e di San Gennaro. L’efficace e dinamica volumetria dell’insieme, la souplesse e l’eleganza nella presentazione dell’effigiato, l’attenzione minuziosa al dettaglio del costume ci parlano d’un ritrattista dal sentire in delicato equilibrio fra retaggi del secolo dei lumi e moderato aggiornamento in senso neoclassico, una personalità di scultore che sembra ben distinta da quella di Giuseppe Sbravati, al cui ambito il nostro busto è tradizionalmente riferito.

Non siamo riusciti a ricostruire con precisione le primitive vicende del busto: esso fu però recuperato a Firenze nel 1868 dall’allora bibliotecario della Palatina, Federico Odorici, insieme ai ritratti della moglie Maria Luisa e della bella Maria Teresa di Savoia, moglie di Carlo II, provenienti da Lucca (cfr. Malaspina 1869, p. 65; Odorici 1873, p. 67; Bertini 1981, p. 119, n. 27, p. 121, n. 29); tutti e tre furono successivamente ceduti al Museo di Antichità per approdare, dopo il suo smantellamento alla fine degli anni Cinquanta, nella Galleria Nazionale, dove sono stati conservati nei depositi fino al recente allestimento del 1991.

Bibliografia
Monaco 1940, p. 13
Restauri
1991, (I. Agostinelli, Lab. Sopr.)
Davide Gasparotto, in Lucia Fornari Schianchi (a cura di) Galleria Nazionale di Parma. Catalogo delle opere. Il Settecento, Franco Maria Ricci, Milano 2000.